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Questo articolo è stato pubblicato il 15 maggio 2010 alle ore 09:23.
Si è appellata al capo dello Stato la moglie di Silvio Scaglia per segnalare il protrarsi della carcerazione preventiva per il fondatore di Fastweb. E Giorgio Napolitano ha risposto ieri attraverso i suoi collaboratori.
In una lunga lettera, il 4 maggio, Monica Aschei Scaglia definisce quella del marito «una carcerazione preventiva che non ha motivo di sussistere». «Mio marito – spiega – si è sempre dichiarato innocente, estraneo ai fatti che gli vengono contestati, peraltro già oggetto di un precedente chiarimento con la magistratura inquirente». E aggiunge: «Nessuna prova, nessuna testimonianza su una sua complicità con le operazioni illecite che gli vengono contestate».
Napolitano risponde attraverso una lettera firmata dal suo consigliere Loris D'Ambrosio, in cui si esprime comprensione nel rispetto del ruolo della magistratura: «Il capo dello stato – scrive D'Ambrosio – ha più volte messo in evidenza la complessità delle funzioni di magistrato e la necessità che esse siano sempre svolte tenendo conto della loro incidenza su situazioni difficili e spesso dolorose che hanno per protagonista l'uomo, la sua dignità e la sua libertà». Dopo aver ribadito che «il capo dello stato non interviene sulle vicende giudiziarie specifiche perché il loro esame è rimesso in via esclusiva alla magistratura», il Quirinale aggiunge: «Sono persuaso che la magistratura non mancherà di provvedere con equilibrio e tempestività sulla posizione di Suo marito, tenendo in ogni conto esigenze di indagine e prospettazioni difensive». «Posso comunque assicurarle – conclude la lettera – di avere richiesto alla Procura della Repubblica di Roma di fornire sulla vicenda ogni notizia consentita dalla normativa vigente».
Nella sua lettera a Napolitano, la signora Scaglia spiega che il marito «è già stato sentito, non può inquinare prove vecchie di tre anni, di sicuro non ha intenzione di fuggire all'estero visto che si è costituito spontaneamente e, tanto meno, può reiterare il reato (non ha più cariche in Fastweb dal 2007)». «Ben comprendo – aggiunge – che i magistrati debbano svolgere compiutamente la loro attività investigativa ma questo può giustificare il protrarsi di una pena già inflitta senza processo? – si chiede – Credo possa comprendere il dolore che ha afflitto tutta la mia famiglia e il mio personale senso di impotenza di fronte a quella che io considero essere una grande ingiustizia». «Mio marito – sostiene – non è un criminale, un assassino, un mafioso. È un onesto cittadino, che si è sempre comportato in modo corretto».