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«Senza il contratto gli statali perdono 90 euro al mese»

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 maggio 2010 alle ore 08:09.

Davide Colombo
ROMA
Lo stop al rinnovo del contratto, se confermato nel decreto correttivo a cui stanno lavorando i tecnici dell'Economia, potrebbe costare tra gli 80 e i 90 euro di mancato aumento medio per il mensile degli statali. Un po' di più di quanto si era ottenuto nell'ultimo biennio (70 euro con un incremento del 3,2% delle competenze contrattuali) e un po' meno dei 101 euro del biennio ancora precedente 2006-2007 (+4,8%). «Ma attenzione. Quello sarebbe stato l'aumento minimo per i primi due anni del triennio 2010-2012, immaginando un negoziato basato su un indice di inflazione Ipca dell'1,8% per quest'anno e del 2,2% e 1,9% per i prossimi due», spiega Antonio Naddeo, commissario straordinario dell'Aran, l'agenzia per la rappresentanza negoziale della Pa.
Abbandonata l'inflazione programmata, il nuovo modello contrattuale ha preso come riferimento l'indice previsionale dei prezzi calcolato al netto degli energetici importati. E da questa base sarebbe partita la trattativa in Aran, una volta definiti i nuovi comparti previsti dalla riforma Brunetta. «Possiamo immaginare una vertenza per un aumento di circa l'1,5% degli stipendi base, la cosiddetta parte fissa che vale il 70% del totale – dice ancora Naddeo - tenendo conto che la vacanza contrattuale, che equivale a una copertura dello 0,3% dell'inflazione, è già in pagamento». La crisi di fiducia sulle finanze pubbliche degli stati dell'eurozona e l'accelerazione verso manovre correttive dei deficit ora rischia di far saltare questo schema: «Dobbiamo aspettare le decisioni che verranno prese ma certo il vincolo di finanza pubblica è inscritto nel nuovo modello di contrattazione», ammette il commissario che, essendo anche capo del dipartimento Funzione pubblica, sta seguendo gli eventi con apprensione raddoppiata. «C'è il precedente del '92 – ricorda – con la manovra sui conti da 90mila miliardi di lire e allora il rinvio dei contratti fu poi recuperato con un riconoscimento medio forfetario pari a circa 10 euro medi mensili attuali. Ora bisogna vedere se si sceglierà la strada dello slittamento anno per anno del rinnovo, da sottoporre a verifica dei conti, o se, visti i problemi di cassa, il rinvio sarà dell'intero triennio».

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Tags Correlati: Aran | Pubblico impiego | Riforma

 

Il blocco dei contratti, tiene però a precisare il commissario, non significa l'annullamento tout court delle trattative: «La riforma prevede la distribuzione delle risorse ottenute con le maggiori efficienze di gestione, che potrà risultare anche dai tagli sui consumi intermedi e dalla proroga del blocco del turn-over. Non saranno risorse ingenti ma dal 2011 si dovrà comunque applicare la norma che dispone il riconoscimento selettivo dei premi di risultato ai dipendenti più meritevoli. Si parla del 30% del salario complessivo». Ovviamente l'operazione sarà più complessa se verrà confermato, come sembra, il prelievo sul fondo unico di amministrazione che paga, appunto, la produttività.
Quel che è certo è che anche in caso di rinvio per tre anni del rinnovo dei contratti, la dinamica della spesa per il personale non si fermerà del tutto. La Ruef prevede un aumento del 2,1% rispetto al 2009: «I redditi da lavoro dipendente crescono anche per progressioni verticali – spiega Naddeo – gli scatti di anzianità che pesano molto, per esempio, per gli insegnanti, che sono un terzo dei dipendenti pubblici. Aumenti slegati dai contratti possono poi avvenire per il personale delle regioni o della sanità, che hanno la contrattazione di secondo livello a carico dei rispettivi bilanci». E su questo fronte, a depotenziare la crescita della spesa, potrebbero essere proprio le norme della riforma che rendono più selettive le progressioni: «Se poi si considera il blocco delle assunzioni – aggiunge Naddeo – ne risulta che quelle progressioni potrebbero venire quasi dimezzate». In questa prospettiva di "nuova austerity" restano da chiudere gli ultimi contratti della dirigenza per i bienni già scaduti: presidi, dirigenti della presidenza del consiglio (dove è pure da rinnovare un biennio per i dipendenti), i dirigenti universitari, delle accademie e dei conservatori. «Abbiamo chiuso con successo i contratti di sanità e degli enti pubblici non economici – conclude il commissario straordinario dell'Aran – e davvero la situazione richiederebbe un accordo in tempi brevissimi anche per queste ultime aree. In questo senso conto sulla responsabilità dei sindacati»
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