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Sì alla direttiva sugli hedge

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Questo articolo è stato pubblicato il 18 maggio 2010 alle ore 08:02.

Con 33 voti favorevoli e 11 contrari la Commissione Affari economici e monetari dell'europarlamento ha approvato ieri sera un progetto di direttiva sugli hedge fund e private equity che introduce per gestori e fondi extra Ue la nuova regola del «passaporto europeo». Questa nuova norma prevede che chi voglia operare nell'Unione presenti, come prima cosa, richiesta in uno stato membro. Dopodiché solo se rispetterà gli standard di trasparenza della legislazione europea potrà operare liberamente in tutta l'Unione.

Dopo il voto della commissione di Strasburgo oggi si attende, salvo sorprese, il via libera dell'Ecofin sulla direttiva Ue sugli hedge funds. Il condizionale è d'obbligo perché, se un segnale concreto contro la speculazione finanziaria non potrebbe cadere in un momento più opportuno, i conflitti di interesse e di ambizioni tra gli Stati membri dell'Unione e tra le stesse istituzioni comunitarie fanno presagire che la battaglia sarà più lunga e difficile di quanto non si vorrebbe, di quanto soprattutto sarebbe necessario.
Il principale oggetto del contendere riguarda il trattamento da riservare ai gestori e ai fondi extra-europei, prima di tutto americani. Tanto la City quanto Wall Street e dintorni temono che la nuova normativa comunitaria finirà per tradursi in forme di protezionismo più o meno esplicito sui mercati continentali, in un grosso danno alla rispettiva industria finanziaria, e per questo si battono da sempre per una regolamentazione sì ma molto morbida. Vogliono cioè esattamente il contrario di quello che auspicano Francia e Germania, che vedono nell'attivismo di questi strumenti finanziari uno dei grandi corresponsabili dei guai dell'euro e, prima, dell'instabilità dei mercati cui non si riesce a porre fine.

Siccome all'Ecofin la decisione può essere adottata a maggioranza qualificata, la Gran Bretagna che ormai dispone soltanto dell'appoggio di Malta e Cipro può fare poco per impedirla se gli altri vorranno tirare dritto. Però nel marzo scorso si preferì soprassedere, nella speranza di poter arrivare a una decisione consensuale. Ora pare che la nuova Gran Bretagna della coppia Cameron-Clegg sia disposta a più miti consigli.

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Tags Correlati: Commissione Affari | Consiglio dei Ministri | Ecofin | Fondi comuni | Francia | Gran Bretagna | Michel Barnier | Stati Membri | Unione Europea | Wall Street

 

Se così sarà, oggi ci sarà l'accordo all'Ecofin. Ma il cammino della direttiva non diventerà per questo piano e tranquillo. L'europarlamento, che è co-legislatore, non è per niente d'accordo, infatti, sulla linea di compromesso scelta dal Consiglio dei ministri. A complicare ulteriormente le cose Michel Barnier, il commissario Ue al Mercato interno e ai Servizi finanziari, appare più in sintonia con gli eurodeputati che con i ministri.
«La Commissione cercherà di garantire uguale trattamento ai gestori di fondi extra-Ue a patto che rispettino integralmente le regole europee» ha dichiarato ieri Barnier, reduce da un viaggio negli Stati Uniti dove il trattamento di hedge funds e private equity è stato uno degli argomenti caldi in discussione.
Non sarà facile. Il compromesso del Consiglio, perlomeno nella versione attuale che dovrebbe essere votata oggi, prevede che i vari fondi "stranieri" si registrino separatamente in ogni paese dove intendano operare. L'europarlamento invece si è battuto per la formula del passaporto europeo: dopo ben 1.600 emendamenti, questo testo è stato approvato.

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