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Grecia, dimissioni del ministro Angela Gerekou per evasione fiscale, bufera sul governo

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Questo articolo è stato pubblicato il 18 maggio 2010 alle ore 17:48.
L'ultima modifica è del 19 maggio 2010 alle ore 13:32.

Il premier greco George Papandreou, impegnato in una lotta senza quartiere contro l'evasione fiscale che secondo stime del ministero delle Finanze pesa per 30 miliardi di euro all'anno di mancate entrate, ieri ha dovuto chiedere le dimissioni del suo vice ministro del turismo, Angela Gerekou, 51 anni, trascinata in una storia di evasione fiscale a causa della dichiarazione congiunta presentata con il marito, Tolis Voskopoulos, uno dei più famosi cantanti greci del dopoguerra, ora settantenne.

A Voskopoulos sono state comminate sanzioni fiscali per circa 5,5 milioni di euro per contestazioni sulle sue ultime dichiarazioni dei redditi. Le sanzioni sono state però impugnate dinanzi alla commissione tributaria e sono in attesa di giudizio definitivo, anche se alcuni immobili di Voskopoulos sono già stati pignorati dal fisco greco.
Subito si è scatenata la polemica politica in vista anche dello sciopero generale di giovedì dove i sindacati del settore pubblico e privato protestano per la quarta volta contro le misure di austerità del governo Papandreou che ha tagliato salari e pensioni dei dipendenti pubblici del 20%.

«Il tifone Angela colpisce il governo» titolava a tutta pagina il giornale socialista e filogovernativa To Vima dopo che Angela Gerekou è stata costretta a dimettersi. To Vima ha scritto che «per 17 anni hanno fatto finta di non vedere i debiti da 5,5 milioni di euro di Tolis Voskopoulos».
E l'altro giornale di sinistra Ta Nea paragona la Gerekou, già deputata ed ex attrice, alla Ifigenia di Euripide, «sacrificata» da Papandreou per i debiti di suo marito.
Contro Voskopoulos erano state aperte inchieste fiscali a partire dal 2000 dopo di che gli era stata imposta un multa di 3 milioni di euro, ha rivelato il giornale Eleftherotypia, ma questa non era mai divenuta esecutiva a causa di una serie di ricorsi. Papandreou è intervenuto ieri dopo che lo scandalo è diventato pubblico. La Gerokou ha offerto le sue dimissioni che sono state prontamente accettate.

Mentre i media ipotizzano ora un possibile rimpasto governativo, di cui si parla da qualche tempo, il principale partito di opposizione Nuova Democrazia (ND, centrodestra) guidato da Antonis Samaras ha accusato il premier di non «essere in grado di garantire e assicurare la trasparenza nel suo partito e nello stesso governo, mentre rivendica per se stesso il ruolo di pubblico accusatore contro tutti». Sul piatto c'è la richiesta di costituire una Commissione d'inchiesta parlamentare per individuare i responsabili del disastro dei conti pubblici greci: l'obiettivo è mettere sul banco degli imputati l'ex premier conservatore Costas Karamanlis e la sua politica populista che nel 2004 ha preso il paese con 180 miliardi di euro di debiti e lo ha riconsegnato nel 2009 con 300 miliardi. Dover sono andati a finire i 120 miliardi che mancano all'appello? Si chiedono i greci indignati e arrabbiati di dover ora pagare il conto del lassimo finanziario?

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Tags Correlati: Angela Gerekou | Commissione | Costas Karamanlis | Eleftheros Typos | George Papaconstantinou | George Papandreou | Governo | Ministero delle Finanze | Nea Ta | Tolis Voskopoulos | To Vima

 

Il giornale di destra Eleftheros Typos è partito all'attacco accusando il ministro delle Finanze George Papaconstantinou di «aver nascosto» per mesi il dossier Voskopoulos «mentre mette alla berlina i piccoli evasori», cioè i pesci piccoli. Apogevmatini, anche esso di destra, suggerisce che la rimozione di Gerokou apre la porta ad un rimpasto. In ogni caso la controffensiva contro le posizioni di rendita e le sacche di evasione è partita facendo la prima vittima nel governo Papandreou. La partita per l'equità fiscale è solo all'inizio, ma se il governo socilista non saprà andare avanti con rigore, gli estremisti di destra e di sinistra e il nichilismo anarchico avranno gioco facile nel far surriscaldare la piazza che già lo scorso 5 maggio ha cercato di assaltare il parlamento al grido di: «Bruciamo questo bordello di Parlamento».

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