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Questo articolo è stato pubblicato il 19 maggio 2010 alle ore 08:35.
L'ultima modifica è del 20 maggio 2010 alle ore 10:01.
La morte di Massimiliano Ramadù e Luigi Pascazio a Herat ripropone il tema della memoria dei caduti italiani, militari e civili, nelle missioni internazionali di pace. Ripropone il tema - umano, storico e politico - delle strade che è necessario percorrere per rendere questa memoria profondamente condivisa nel nostro paese.
Il riconoscimento dell'Italia intera, senza divisioni, senza strumentalizzazioni di parte, è un tributo dovuto ai ragazzi di Herat e a tutti gli altri che con il loro impegno e il loro lavoro, prima ancora che con il loro sacrificio, rappresentano, agli occhi del mondo, l'Italia migliore, capace di costruire la pace dove c'è la guerra. In questa difesa dei valori della pace – riconosciuti dall'articolo 11 della Costituzione – l'unità è possibile e necessaria.
Questo giornale ha voluto onorare i caduti italiani dal dopoguerra a oggi (sono 141) con la proposta di un memoriale di pace, fatta il giorno dopo l'attentato del 17 settembre 2009 in cui persero la vita sei paracadutisti della Folgore a Kabul. Immediata fu l'adesione a quella proposta da parte delle istituzioni: il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, il presidente della Camera, Gianfranco Fini, il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Gianni Letta, il sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Il Parlamento approvò all'unanimità, intanto, una legge per istituire la giornata della memoria per i caduti nelle missioni internazionali di pace, coincidente con l'anniversario della strage di Nassiryia, il 12 novembre.
Ci sembrava allora e ci sembra oggi che un Memoriale che ricordi ciascuno dei nomi dei nostri caduti possa diventare un simbolo condiviso dell'unità d'Italia, oltre che un luogo di meditazione e di memoria.
Abbiamo usato l'architettura come strumento per disseminare l'idea del memoriale fra gli italiani e oltre i confini. Una trentina di studi di architetti ci hanno risposto mandando i loro lavori, alcune centinaia di persone sono state coinvolte.
Abbiamo presentato i disegni alla Camera, alla presenza del presidente Fini. Hanno mandato il loro contributo nomi dell'architettura noti nel mondo, come quelli di Daniel Libeskind, Benedetta Tagliabue e Mario Botta. Si è voluta impegnare soprattutto la generazione dei 40-50enni italiani - Cino Zucchi, Francesco Garofalo, Gianluca Peluffo, Alessandra Segantini - che hanno usato il tema per superare le ferite lasciate aperte dagli anni Settanta ma anche per smontare i canoni tradizionali del monumento, che affondano nell'Ottocento, e creare spazi di meditazione individuale, di libero incontro fra culture diverse. Un dolore non ripetuto automaticamente e retoricamente un milione di volte di fronte all'alzabandiera, ma un piccolo pensiero che ciascuno può portare per sé: il senso moderno, contemporaneo del Memoriale.