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Berlusconi: nessuna macelleria sociale

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2010 alle ore 08:08.

L'impegno del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi è che la manovra biennale da circa 28 miliardi che il governo si accinge a varare non conterrà in alcun modo «provvedimenti di macelleria sociale». Nessun aumento delle imposte, promette il premier in un audio messaggio ai «promotori della libertà». Non verranno toccate sanità, pensioni, scuola e università. Il governo «continuerà a tenere i conti pubblici in ordine come ha fatto finora».

Stando alle indiscrezioni dell'ultim'ora, la manovra dovrebbe essere illustrata nelle sue grandi linee alle parti sociali tra lunedì sera e martedì mattina. Poi vi sarà un passaggio politico preliminare, nel corso del quale il ministro dell'economia, Giulio Tremonti esporrà il dettaglio delle misure alla consulta del Pdl e probabilmente ai gruppi parlamentari. A quel punto si potrà procedere al varo del decreto in consiglio dei ministri già nella serata di martedì oppure nel pomeriggio del giorno successivo. Al momento non si esclude nemmeno un ulteriore slittamento a giovedì.

È stato in particolare Berlusconi a chiedere «maggiore collegialità», facendo sua la preoccupazione emersa anche con un certo vigore nei giorni scorsi da parte di diversi ministri. Tremonti in mattinata è salito nuovamente al Quirinale, per incontrare il presidente della repubblica Giorgio Napolitano alla vigilia della sua partenza per gli Stati Uniti. Il testo del decreto è tuttora in via di definizione, quindi la discussione si è svolta sugli assi portanti della manovra che, a parere di Napolitano, dovrà essere «seria ed equa». Nessuna obiezione nel merito, poiché la scelta di operare una correzione così imponente (ancorchè chiesta da Bruxelles) è nella piena facoltà del governo. Attenzione però al contenuto del decreto, e all'assoluta certezza di cifre e coperture. È il caso del capitolo relativo alla lotta all'evasione: il maggior gettito atteso dalle misure in arrivo si dovrà basare in sostanza su elementi certi. Misure strutturali – ha aggiunto Napolitano – per stabilizzare i conti pubblici.

La manovra – ha spegato Tremonti – è per molti versi «chiesta dall'Europa» e i tempi della correzione sono imposti dalla crisi. Per il resto, il ministro non avrebbe nascosto al capo dello stato che la variabile politica è tutt'altro che risolta. Resta la determinazione a mettere a punto un complesso di misure che non siano assimilabili solo a tagli ma che si qualifichino dal punto di vista della razionalizzazione della spesa corrente. In ogni caso si va verso un deciso «ridimensionamento del settore pubblico».

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Intensa giornata di lavoro e di incontri, quella di ieri dei tecnici dell'Economia alle prese con la messa a punto del menu della manovra. A sorpresa, Tremonti ha incontrato l'Anci. In ballo, i prospettati tagli agli enti locali per 4 miliardi nel biennio. I sindaci sono pronti a collaborare a condizione che si riducano i tagli per l'anno in corso e si proceda alla rimodulazione del patto di stabilità per il 2011-2012. «Siamo in una fase interlocutoria – ha detto il presidente Sergio Chiamparino – ci è stata chiesta la responsabilità di farci carico di una manovra che ha evidente interesse nazionale ed europeo. Faremo la nostra parte ma nel rispetto delle condizioni che avevamo già posto». In particolare, i comuni chiedono la restituzione di 500 milioni sugli 800 già tagliati (200 del Fondo sociale e 300 in seguito all'abolizione dell'Ici sulla prima casa). Replica indirettamente il vice ministro all'Economia, Giuseppe Vegas: «Gli enti pubblici che si lamentano del patto di stabilità si devono comportare come il buon padre di famiglia che quando ha minori entrate taglia le spese o cerca di spendere meglio». In ogni caso, l'Italia non corre i rischi della Grecia: il deficit e il debito «sono sotto controllo e il sistema manifatturiero sta dando risultanti confortanti».

Non si è parlato di condono edilizio, anche se sul tema i comuni sembrano orientati a un sostanziale via libera. L'ipotesi è tuttora in piedi: 5-6 miliardi di maggior gettito, se si include anche il concordato per regolarizzare 2 milioni di abitazioni "fantasma". Ed è subito scontro: no deciso da Pd, Idv e Udc. I centristi sono disposti ad «aiutare Tremonti» e prendere in esame «con grande responsabilità» la manovra solo «se non sarà impostata sui condoni», avverte Pier Ferdinando Casini.

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