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Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2010 alle ore 08:08.
Qualcosa sta cambiando in Africa sub-sahariana. La regione, dove il sottosviluppo ha ancora una dimensione continentale, ha conosciuto una fase di intensa crescita che ha superato il 6% prima della crisi. Il 2009 ha fatto segnare il passo (comunque un +1,1%), ma nel 2010 la crescita dovrebbe ritornare intorno al 4% per poi accelerare. È l'uscita dalla "trappola della povertà"? O si convergerà di nuovo verso la media storica? Molti paesi, nel tempo, hanno alimentato speranze di un definitivo decollo economico spesso frantumatesi contro la realtà di guerre civili, corruzione, instabilità politica, cattive politiche economiche.
Ma cosa c'è di nuovo in questa fase? Innanzitutto si tratta di un periodo temporale sostenuto, che possiamo far risalire alla metà degli anni 90. In secondo luogo riguarda un numero di paesi mai così ampio. Nell'ultimo quinquennio gli stati con crescita negativa sono stati mediamente uno o due, negli anni 80 erano di norma tra quindici e venti.
La situazione non è omogenea e rimane un gruppo di paesi dove i progressi sono lenti o la situazione è molto fragile (Repubblica democratica del Congo e Costa d'Avorio tra i più importanti). Nel complesso però l'80% del continente negli ultimi dieci anni è cresciuto sopra il 4%. Emergono i paesi ricchi di risorse energetiche (Nigeria, Angola e altri sei paesi rappresentano il 30% dell'export regionale) e di risorse minerarie (Zambia). Crescono i paesi con sbocco sul mare come Tanzania, Ghana, Senegal e Mozambico ma anche i landlocked, come Uganda, Etiopia e Rwanda.
Secondo l'Ocse, la classe media, che nel 2009 contava 32 milioni di individui, salirà nel 2030 a 107 milioni. Un'espansione che genera domanda di stabilità, buona governance e democrazia; offre le professionalità necessarie a un'economia che si misura sui mercati globali; rappresenta un mercato di consumo - pari a quasi 1.000 miliardi di dollari nel 2030 - per le imprese locali.
La fase di crescita è resa possibile dalla ridotta conflittualità civile e tra stati, dall'aumentata stabilità politica, dal miglioramento delle strutture di governance. Un contesto che ha consentito l'introduzione di importanti riforme: la liberalizzazione delle economie, l'apertura al settore privato, agli scambi commerciali internazionali. Risultati che hanno permesso di beneficiare dei programmi di cancellazione del debito estero. Certo la favorevole congiuntura internazionale ha portato con sé il miglioramento delle ragioni di scambio per molti paesi africani. Non tutti ne hanno beneficiato; ma per gli importatori netti di petrolio, l'effetto reale è stato mitigato dal deprezzamento del dollaro. Resta preoccupante la dipendenza di alcuni paesi dall'import alimentare.