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Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2010 alle ore 10:32.
La decisione ha richiesto poco più del tempo di un aperitivo, sorseggiato alla buvette di palazzo Madama. Il ddl sulle intercettazioni sarà modificato in Aula, parola dei capigruppo del Pdl alla Camera e al Senato, Fabrizio Cicchitto, Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello. È il «patto del crodino», scherza Quagliariello, con una battuta che evoca il «patto della crostata» dei tempi andati della Bicamerale. Ma, battute a parte, la decisione è presa: chiudere durante la notte in commissione Giustizia (opposizione permettendo) e portare all'Assemblea un testo «aperto» a cambiamenti, sintetizzano i tre. Cambiamenti obbligati, visto il coro di critiche piovute addosso al ddl Alfano da ogni parte: opposizione, magistrati, giornalisti, editori, giuristi, intellettuali.
Dopo il voto della Camera, il governo aveva promesso «miglioramenti» ma il testo è stato «peggiorato». Cambiare, dunque. Ma come? Raccontano che Silvio Berlusconi, irritato, sarebbe tentato dal mandare all'aria tutto perché ormai considera il ddl acqua fresca. Ma la voce non trova conferma; anzi, viene smentita. La riforma s'ha da fare. E se per approvarla c'è da pagare un prezzo ai finiani, si paghi. L'ipotesi più accreditata è che si torni al testo della Camera, quanto meno per la parte sui divieti di pubblicazione e sulle sanzioni a giornalisti ed editori: via la censura totale sugli atti di indagine non più segreti (ma soltanto sulle intercettazioni), sanzioni meno pesanti per giornalisti e, soprattutto, per gli editori. «Rifletteremo», diceva ieri notte il ministro della Giustizia, escludendo che si sia mai parlato di fiducia e aggiungendo che «il testo della camera rappresenta ancora oggi, per il governo, un punto di compromesso molto significativo ed equilibrato».
Quanto alla parte sulle intercettazioni, il governo farà pesare la sostituzione degli «evidenti indizi di colpevolezza» (richiesti per far scattare gli ascolti) con i «gravi indizi di reato»; al tempo stesso, ricorderà ai finiani che furono loro a proporre la competenza del Tribunale collegiale sulle intercettazioni (altro punto contestato dalle toghe e dal Quirinale). Detto questo, al momento non si escludono ritocchi su altri punti critici, come la durata degli ascolti (75 giorni), le norme sulle intercettazioni ambientali e la lista dei reati intercettabili, indigeste anche a una parte della maggioranza (ieri il ministro Mara Carfagna ha rivolto un appello a non cancellare le intercettazioni per il reato di stalking).