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Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2010 alle ore 10:30.
Pubblichiamo la lettera che il direttore del Sole 24 Ore, Gianni Riotta, ha inviato ieri al segretario Fnsi, Franco Siddi, in occasione dell'incontro sul ddl intercettazioni
Caro Segretario, cari amici e cari colleghi, la questione cruciale di cui ci andiamo occupando in queste ore inerisce tre temi. Il primo il rispetto della privacy dei cittadini. Il secondo il diritto e dovere delle forze dell'ordine e della magistratura di indagare contro la criminalità organizzata. Terzo il diritto e dovere dell'informazione di contribuire alla creazione di una sfera dell'opinione pubblica critica, fondamento di ogni democrazia.
C'è chi ritiene che fra i tre elementi si possano creare contraddizioni o addirittura contrasti. Non è così. La privacy e le sue modalità e percezioni sono molto cambiate dagli anni in cui scrivevo la mia tesi alla Columbia University proprio sul diritto dei cittadini a essere protetti dalle intrusioni di poteri grandi e piccoli. I social network, le banche dati, internet e un sistema di media 24 ore al giorno hanno messo tutti noi in prima pagina e in homepage sempre. Ci sono stati - siamo noi giornalisti a riconoscerlo per primi - errori ed eccessi e il rumore di fondo dello scontro politico ha travolto individui senza colpa. Ma gli eccessi si regolano, le forzature si contengono e l'ira eccessiva si domina. Si può proteggere la privacy garantendo libertà di azione agli inquirenti e diritto di cronaca ai giornalisti. La recente dichiarazione di un viceministro americano ci porta al secondo punto: le intercettazioni, se usate con raziocinio e nel rispetto della legge, senza prendere a traino persone e luoghi che non sono oggetto di indagine, sono indispensabili per la lotta alla mafia, alla corruzione e al terrorismo internazionale. Non spegniamo un faro utile.
Infine il terzo cardine: la libertà di cronaca. Di nuovo che errori e forzature ci siano stati non c'è giornalista di buona volontà che non lo sappia e non lo riconosca. Ma i compromessi e gli equilibri razionali si possono e si devono ritrovare in parlamento, come da più parti si chiede. Non si tratta qui di una divisione tra maggioranza e opposizione, questione di tifo politico. Autorevoli voci di entrambi gli schieramenti chiamano tutti a riconsiderare un provvedimento che, nella sua forma attuale, impoverirà il libero dibattito e la libera informazione nel paese. Un accordo di ragione e dialogo è possibile. La Federazione nazionale della stampa deve essere il crocevia di questo dibattito. Senza alzare i toni, senza viva e senza abbasso noi giornalisti dobbiamo spiegare all'opinione pubblica italiana che sotto l'Articolo 21 della Costituzione lavoriamo per informare. Che ci impegniamo a non usare mai verbali o intercettazioni lesivi di privacy o di presunzione di innocenza, ma che ledere il diritto a sapere di ogni cittadino ci porterà ad essere meno liberi e meno consapevoli.