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Questo articolo è stato pubblicato il 26 maggio 2010 alle ore 08:58.
L'ultima modifica è del 26 maggio 2010 alle ore 08:59.
Solo la frusta garantisce credibilità. Marco Annunziata chief economist di UniCredit e Martin Wolf editorialista del Financial Times incrociano penne e idee attorno a questo concetto, banalizzazione estrema del "Che fare?" per sospingere l'euro fuori dalla crisi.
Il duello che li ha visti schierarsi su fronti opposti in una garbatissima pubblica polemica ha, in realtà, punti di convergenza. «Siamo d'accordo - dice l'economista dell'istituto di credito italiano - nel far risalire le ragioni della crisi ai comportamenti eccessivi, alle bolle, come dice Wolf, immobiliare e non solo immobiliare. Ma ai mercati non interessa assegnare delle responsabilità». Interessano le soluzioni. E la soluzione per Annunziata è ristabilire credibilità all'azione dei governi. Come? Attraverso maggiore disciplina e senza la discrezionalità invocata dall'editorialista britannico che mette in guardia dai rischi dell'austerità.
«I mercati non credono più al patto di stabilità, chiedono altro, ma non è facile imporre sanzioni a uno stato sovrano. Restano quindi o il governo europeo - e quello che significa è evidente a tutti - oppure regole europee, che ogni partner dovrà adottare, capaci d'imporre correzioni automatiche di bilancio in caso di uscita dal limite dei parametri».
La frusta appunto, che schiocca non appena si verifica lo sfondamento del tetto fissato. «Credo - aggiunge Marco Annunziata - che solo la ritrovata credibilità possa consentire un aggiustamento graduale. Il caso italiano mi sembra significativo. Fino a qualche tempo fa in Italia sembrava, in termini relativi, che andasse tutto bene. L'azione dei mercati per l'indebolita immagine dell'euro ha costretto invece a intervenire».
Eppure Martin Wolf insiste sull'urgenza di rilanciare la crescita e farlo con le mani legate da vincoli di bilancio troppo rigidi, è complicato. Obietta, inoltre, il commentatore inglese, che negli anni i parametri dell'Eurozona sono stati violati più spesso da Germania, Francia e Italia che non da Spagna e Irlanda, eppure dopo la Grecia è su Madrid che si concentrano le tensioni. «Perché è lì - e penso proprio alla Spagna - che il disavanzo pubblico nel 2009 è arrivato al 12 per cento. Il problema oggi, vale la pena di ricordarlo, sono i conti pubblici, non la bolla. Sono i dati di bilancio e il debito che rischiano di far deragliare l'euro anche se tutto ha preso le mosse dagli eccessi del passato. Eccessi in cui, peraltro, hanno avuto un ruolo chiave anche i governi. Chiudevano in disavanzo in anni in cui il boom finanziario moltiplicava le entrate fiscali. Hanno speso troppo dando un contributo al boom degli anni scorsi con politiche pro-cicliche».