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Questo articolo è stato pubblicato il 26 maggio 2010 alle ore 08:56.
L'ultima modifica è del 26 maggio 2010 alle ore 08:57.
La crescita europea si è fermata? Siamo destinati a una lunga stagnazione come il Giappone? - L'austerità è una zavorra o è possibile coniugare sviluppo e rigore?
Un nuovo modello di finanza pubblica
Franco Bruni
Università Bocconi
Se i tagli saranno fatti in modo precipitoso, come provvedimenti d'urgenza, non arriveremo alla stagnazione del Giappone, ma la gente si spaventerà. I tagli vanno effettuati su un orizzonte temporale di cinque anni e concordati a livello europeo. Serve un nuovo modello di finanza pubblica e un nuovo modello di controllo: ad esempio, Clegg e Cameron riflettono sulla nascita di un'autorità che misuri le procedure e l'impatto delle misure.
Se l'austerità è una riduzione generica non ha valore, se è impostata con selettività può avere effetti benefici. È giusto continuare a sostenere le Pmi se dimostrano capacità innovative; invece, la metà delle Pmi italiane, che vive di clientelismo all'ombra della spesa pubblica, deve sparire: assorbono risorse da destinare dove portano frutto. Da anni in Italia, parliamo di federalismo: uno strumento utile al dibattito politico, ma vanno messi nero su bianco i pregi.
È tempo di chiudere i rubinetti della spesa
Francesco Daveri
Università di Parma
Non credo che assisteremo a una stagnazione come quella giapponese. Anzi, ritengo che ci sarà un effetto positivo sull'economia. Di certo assisteremo a un breve periodo di restrizione dei consumi, poi i tagli porteranno un miglioramento delle aspettative di tutti, ripartiranno anche i consumi e i cittadini vedranno che le manovre daranno stabilità ai mercati: non aleggerà più lo spettro del fallimento dell'euro o di uno dei paesi membri.
Lo sviluppo è compatibile con l'austerità: lo sappiamo dalla storia. Se oggi l'austerità rimette in ordine i conti pubblici, domani potremo seminare sviluppo. Ora bisogna fare cassa: è il momento di chiudere i rubinetti della spesa per sei-dodici mesi per dare un segnale alle Borse ed è tempo di mettere in cantiere l'avanzamento delle riforme da troppo tempo ferme nei cassetti dei ministeri.
Proprio adesso serve una politica espansiva
Riccardo Realfonzo
Università del Sannio
La politica restrittiva è l'esatto contrario di ciò che servirebbe all'Europa. D'altronde, le difficoltà della finanza pubblica sono l'effetto e non la causa della crisi. I tagli messi in cantiere in tutta Europa assicurano solo stagnazione e disoccupazione crescente; e, soprattutto, rendono sempre più esplosivi i divari territoriali. Di questo passo, è prevedibile che alcuni paesi saranno costretti a uscire dall'euro. La stessa Italia è a rischio.