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Teheran contro Mosca: amici degli americani

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Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2010 alle ore 08:04.

Antonella Scott
MOSCA. Dal nostro inviato
Barack Obama non si lasci sfuggire l'opportunità di risolvere il confronto nucleare con Teheran, perché «è improbabile che la nazione iraniana gliene conceda un'altra». Dmitrij Medvedev, invece, sia più prudente quando «prende decisioni che riguardano una grande nazione», l'Iran, se non vuole finire «tra i suoi nemici storici». Dalla città di Kerman, parlando alla folla, Mahmoud Ahmadinejad fa irruzione nella fase delicata in cui Russia e Stati Uniti cercano un approccio comune sull'Iran, e scardina - almeno all'apparenza - l'asse che in questi ultimi anni vedeva Mosca, sola con Pechino, al suo fianco.
È uno scambio durissimo, innescato dall'appoggio russo dato al quarto round di sanzioni Onu contro Teheran, proprio quando gli iraniani avevano sperato che la comunità internazionale accogliesse l'accordo di scambio sull'uranio raggiunto il 17 maggio con Brasile e Turchia. Uranio arricchito in cambio di combustibile inadatto allo sviluppo di armi atomiche: tempi e dettagli dell'iniziativa hanno lasciato perplessa Mosca, oltre che americani ed europei. «Se fossi il presidente russo - ha detto ieri Ahmadinejad - agirei con maggiore prudenza, penserei di più. Noi ci auguriamo che le autorità russe si correggano, e non permettano che gli iraniani le inseriscano tra i loro nemici storici».
Immediata e secca la risposta del Cremlino, affidata al primo consigliere di Medvedev per la politica estera, Serghej Prikhodko. «La Russia considera inaccettabile ogni forma di imprevedibilità, di estremismo politico, la mancanza di trasparenza o l'incoerenza nel processo decisionale nessuno è mai riuscito a mantenere il potere con la demagogia politica», ha commentato Prikhodko.
Forse Mosca e Teheran sono a un bivio. Il mondo le ha sempre viste legate dagli interessi comuni di due grandi produttori di energia. «Ci sono miliardi di ragioni per cui la Russia non appoggerà mai le sanzioni», scriveva l'autunno scorso l'Atlantic Council, sottolineando che Mosca ha solo da guadagnare da una crisi tra l'Occidente e l'Iran, a partire dalle spinte al rialzo del barile per arrivare ai 3 miliardi di dollari di scambi e all'avvio della prima centrale nucleare iraniana, a Bushehr. Nel 2008 e 2009, in sede di Consiglio di Sicurezza Onu, Mosca ha sempre stornato la minaccia delle sanzioni dal capo di Teheran, ma piano piano i toni sono cambiati: a partire dall'estate 2009, la prima visita di Obama in Russia.

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Il reset muove i suoi passi incerto, ma al di là del buon rapporto personale tra Obama e Medvedev - che si rivedranno a Washington a fine giugno - i segnali di riavvicinamento aumentano. L'ultimo è la decisione della Casa Bianca di abolire le sanzioni contro quattro gruppi russi che in passato avevano trasferito tecnologia sensibile o armi all'Iran, una risposta alla sospensione della vendita a Teheran di missili terra-aria S-300, contratto firmato dai russi nel 2007 ma di fatto lasciato fermo per le pressioni di Stati Uniti e Israele, un'intesa mai scritta. «La Federazione russa - ha chiarito ieri Prikhodko rispondendo alle accuse di Ahmadinejad per l'"inaccettabile appoggio" dei russi agli americani - si fa governare dai propri interessi di lungo termine. La nostra posizione è russa: dunque non può essere né pro-americana né pro-iraniana».
La fragilità del rapporto tra Russia e Stati Uniti, del resto, è evidenziata proprio in questi giorni dall'arrivo in Polonia di una batteria antiaerea per missili Patriot. L'obiettivo, insiste Washington, è difendere la sicurezza degli alleati dell'Est Europa di fronte alla minaccia iraniana, ma Mosca non riesce ad accettare la presenza di sistemi anti-missile che limiterebbero le sue possibilità offensive a 60 chilometri dall'énclave di Kaliningrad. «Questo non aiuta a costruire un clima di fiducia nella regione», ha reagito un portavoce del ministero degli Esteri russo. Mentre Konstantin Kosachev, presidente della commissione Affari esteri alla Duma, ha sottolineato il disgelo in corso tra Russia e Polonia: il dispiegamento dei Patriot, ha detto, «è un progetto ereditato dal passato. Ora che i legami sono diversi, mi auguro che i polacchi avvertano la dissonanza».
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