Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 28 maggio 2010 alle ore 21:02.
Le carceri speciali statunitensi a Guantanamo, in Iraq e Afghanistan hanno scatenato roventi polemiche internazionali, ma pare che i sospetti terroristi creino più problemi quando vengono liberati o consegnati alle autorità dei Paesi d'origine rispetto a quando erano detenuti. L'ultima esplosiva notizia a questo proposito giunge da Baghdad dove nei giorni scorsi il generale Qassim Atta, portavoce del comando delle operazioni di sicurezza a Baghdad, ha annunciato che «la maggioranza» dei detenuti rilasciati negli ultimi anni dalle forze americane in Iraq sono tornati a combattere nelle file di al Qaeda e alcuni di essi hanno anche assunto ruoli di primo piano.
Questa situazione ha indotto il comando iracheno a firmare un accordo con le autorità militari americane affinché blocchino la liberazione dei detenuti fino al via libera di Baghdad. «La maggioranza dei detenuti rilasciati dalle forze americane hanno assunto ruoli di eccellenza nelle cellule di al Qaeda in Mesopotamia'», ha detto il generale Atta, precisando che «prima dell'accordo tra Washington e Baghdad, le forze statunitensi Usa potevano rilasciare chiunque senza informare le autorità irachene». Il battaglione 134 della Polizia militare dell'Us Army, specializzato nella gestione di centri di detenzione, ha diffuso un comunicato alla fine del 2007 rendendo noto che all'epoca erano sotto custodia dei militari statunitensi 26 mila detenuti sospettati di terrorismo. Lo scorso febbraio erano scesi a 5.800 distribuiti nelle prigioni militari di Camp Taji e Camp Cropper
Di questi, 2.800 sono stati consegnati negli ultimi mesi alle autorità iracheneche hanno assunto anche il controllo di Camp Cropper dove sono rinchiusi circa 3.000 persone.
Il problema non è nuovo come dimostrò un anno or sono un rapporto del Pentagono secondo il quale un ex detenuto su sette, tra i 534 che avevano lasciato negli ultimi anni il carcere speciale di Guantanamo, era tornato a combattere o a svolgere attività terroristica. Il rapporto evidenziò che 74 ex prigionieri rilasciati avevano ripreso le armi e fornì le identità di 29 di loro tra i quali Othman Ahmed al-Ghamdi, saudita di 31 anni catturato in Afghanistan, detenuto per quattro anni a Guantanamo e recentemente divenuto leader di al Qaeda in Yemen. Nel dicembre scorso altri prigionieri sono stati consegnati alle carceri di Afghanistan, Somaliland e Yemen e in quest'ultimo Paese Washington prevede di rimpatriare altri 91 membri di Al Qaida.