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Disarmo, no di Israele alla conferenza Onu

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Questo articolo è stato pubblicato il 30 maggio 2010 alle ore 08:03.

Alberto Negri
Per la prima volta in dieci anni di esitanti colloqui i 189 paesi firmatari del Trattato di non proliferazione (Tnp) si erano messi d'accordo per discutere - soltanto discutere - il divieto di armi nucleari in Medio Oriente in una conferenza internazionale fissata nel 2012: a questa iniziativa avrebbero dovuto partecipare anche l'Iran e Israele, le due potenze della regione in perenne rotta di collisione. Ma Israele non ci sarà, come era forse prevedibile: la conferma si è avuta con un secco comunicato da Toronto dove è in missione il primo ministro Benjamin Netanyahu: «È un accordo ipocrita e debole, ignora la realtà e le vere minacce per la regione e il mondo intero».
Dal Medio Oriente soffiano venti contrari alla pace e al disarmo, e così l'ipotesi di un accordo è stata rimandata al mittente. Una zona denuclearizzata in Medio Oriente avrebbe avuto conseguenze significative, in primo luogo l'obbligo per Israele di sottoscrivere il Tnp, al quale non ha mai aderito perché significa rinunciare a un arsenale atomico (si calcola da 150 a 300 testate) di cui lo stato ebraico non ha mai ammesso né smentito l'esistenza. In caso di adesione, Israele dovrebbe sottoporsi anche alle ispezioni di sorveglianza condotte dall'Aiea, l'Agenzia atomica internazionale, un argomento tabù nello stato israeliano che costruì segretamente il primo reattore nucleare negli Sessanta a Dimona, nel deserto del Negev, con l'aiuto tecnico e industriale dei francesi.
L'intesa, raggiunta all'Onu nella notte tra venerdì e sabato, poteva rappresentare un passaggio cruciale per un negoziato sulla sicurezza globale nella regione, essenziale a un accordo di pace tra arabi e israeliani. Ma non si era ancora asciugato l'inchiostro sulla revisione del Tnp che già erano esplose le polemiche da parte di Israele, infuriato perché nel testo approvato a New York si fa riferimento al suo arsenale ma non si citano neppure di sfuggita quelli di Pakistan, India, Corea del Nord e tanto meno le ambizioni atomiche dell'Iran. Come se i firmatari avessero accuratamente evitato di sfogliare i giornali di un decennio e pure degli ultimi dieci giorni, oltre che i dossier dell'Aiea: questo era l'unico modo per ottenere l'unanimità dei consensi ma non l'adesione di Israele.

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Tags Correlati: Aiea | Alì Larijani | Barack Obama | Bashar Assad | Benjamin Netanyahu | Bernard Kouchner | Brasile | Consiglio di sicurezza | Corea del Nord | Hezbollah | Israele | Medio Oriente | Onu | Politica | Siria | Stati Uniti d'America | Turchia | Washigton

 

È stata una mossa diplomatica malaccorta, in linea con tante altre risoluzioni fallimentari sul Medio Oriente. Barack Obama aveva definito l'intesa «equilibrata e realistica» rilevando però il «forte disaccordo degli Stati Uniti» perché si puntava il dito soltanto contro Israele: l'annuncio che lo stato ebraico rinuncia alla conferenza ha tolto così dall'imbarazzo il presidente che martedì riceverà alla Casa Bianca il premier Netanyahu.
Gli unici soddisfatti sono gli iraniani: «Gli Stati Uniti non sono pronti a fissare un vera tabella di marcia per il disarmo nucleare mentre c'è un regime (lo stato ebraico, Ndr) che non accetta le regole e si comporta da ribelle» ha detto Alì Larijani, presidente del Parlamento. Nel giro di una decina di giorni l'Iran è riuscito quasi a ribaltare la situazione: ha firmato l'accordo con Turchia e Brasile per lo scambio di uranio arricchito e ha visto Israele entrare nel mirino del Tnp. Anzi, sono gli iraniani adesso ad accusare gli Usa di «ipocrisia» e «doppio standard».
Teheran è consapevole che le garanzie fornite dal regime sul rispetto dell'accordo con Ankara e Brasilia sono poco convincenti non solo per Washigton ma anche per gli altri stati, come la Russia, membri permanenti del consiglio di sicurezza. Pure i francesi ieri hanno alzato il sopracciglio: «Il nuovo testo del Tnp - ha detto il ministro degli Esteri Bernard Kouchner - doveva essere più incisivo sulle crisi nucleare iraniana».
Il clima di sfiducia e di conflitto in Medio Oriente appare più forte di tutte le buone intenzioni, già appassite, espresse nell'accordo per il negoziato sul disarmo nucleare. Secondo la tv israeliana Canale 2, Netanyahu in un colloquio con il presidente del Consiglio Berlusconi avrebbe rivelato che Damasco ha fornito di recente ai libanesi Hezbollah missili Scud. Questi missili sarebbero ancora in territorio siriano, in una base dove gli Hezbollah hanno libertà di azione: Bashar Assad sarebbe stato convinto dagli alleati iraniani che è imminente un nuovo conflitto regionale.
Questa settimana in Israele, ai confini con il Libano e Gaza, sono suonate le sirene per la più imponente esercitazione di difesa civile dalla guerra del 2006 e sulla stampa di Tel Aviv l'ipotesi più accreditata è quella di un'estate calda, con scontri tra Israele e gli Hezbollah. Appare assai improbabile che gli arsenali del Medio Oriente, impermeabili a tutte le crisi economiche, aspetteranno per entrare in azione una conferenza nel lontano 2012 sul disarmo nucleare.
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