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Questo articolo è stato pubblicato il 30 maggio 2010 alle ore 13:54.
L'ultima modifica è del 30 maggio 2010 alle ore 08:04.
L a tracciabilità dei pagamenti attraverso l'uso di strumenti diversi dal contante è uno degli elementi che caratterizzano la nuova manovra economica del governo, e su cui il dibattito sarà acceso. Il ministro Tremonti la considera cruciale per avviare un'efficace lotta all'economia sommersa, che va dall'evasione alla criminalità organizzata.
È proprio così?
Partiamo dal fatto che l'utilizzo di pagamenti tracciabili e moderni - chiamiamola moneta elettronica - è considerato un termometro della civiltà economica di un paese, che ci indica quanto in quel paese ci sono le condizioni per uno sviluppo economico moderno. L'idea è semplice: lo sviluppo economico è il risultato della miscela tra buone regole - tra cui quelle che garantiscono e sviluppano la trasparenza - e la fiducia. Nei paesi in cui si hanno buone regole e fiducia, i pagamenti elettronici sono diffusi; al contrario, nelle nazioni in cui il disegno delle regole e/o il capitale civile è basso, si preferisce il contante. L'Italia è un paese che presenta tutte e tre le caratteristiche: cattivo disegno delle regole, basso capitale civile, largo uso del contante. Il termometro indica una cattiva salute.
Ora, introducendo regole che limitano l'uso del contante, il governo prova a trasformare un termometro in una medicina. Già in passato - correva l'anno 2005 - fu fatto un tentativo, ed è bene ricordare oggi cosa accadde nella pubblica opinione. All'epoca gli articoli e i commenti furono numerosi, e oscillarono tra scetticismo e aperta ostilità. Un articolo apparso sul maggior quotidiano italiano ha parlato addirittura di norma «liberticida». L'accoglienza scettica o addirittura negativa ha due radici.
In primo luogo, esiste un costo della lotta al contante che è confessabile: il rischio che una normativa volta ad aumentare la tracciabilità e la ricostruibilità delle transazioni finanziarie di ciascun cittadino possa comportare rischi per la privacy (riservatezza) del cittadino stesso. La domanda di riservatezza è una caratteristica fisiologica nel comportamento di qualunque soggetto economico. Le informazioni personali sono un bene di cui ciascun individuo si sente titolare, o proprietario. La loro protezione riveste particolare importanza in una società di mercato, i cui pilastri nella sfera economica sono appunto la tutela dei diritti della persona e della proprietà. Per cui è comprensibile il timore che la riduzione dell'anonimato delle transazioni possa preoccupare chi è sensibile al tema della riservatezza personale, soprattutto a fronte di una incapacità tutta italiana - più volte dimostrata - di tutelare efficacemente un tale bene.