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Sui tagli alla cultura in manovra è fronda nel Pdl

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Questo articolo è stato pubblicato il 30 maggio 2010 alle ore 18:02.

«È una vergogna». Con il suo stile consueto,che lascia poco spazio alla diplomazia, Stefania Craxi, deputata Pdl, riapre il fronte interno alla maggioranza sulle rasoiate agli enti culturali inferte dalla manovra correttiva. Nell'elenco degli enti inutili è finito un po' di tutto, come ha denunciato lo stesso ministro dei Beni culturali Sandro Bondi, lamentando di essere stato «esautorato» dalle scelte su cosa tagliare e cosa salvaguardare. Le polemiche sulla cultura sono compagne abituali di tutte le manovre finanziarie, ma questa volta sono più intense perché la misura è più draconiana, e non si limita a limare gli assegni ma arriva ad azzerare tout court i finanziamenti. Il tema dovrebbe essere entrato anche fra le critiche del Quirinale, anche perché la tagliola coinvolge anche alcuni comitati per il 150esimo anniversario dell'Unità d'Italia.

A sollevare la questione non sono solo i diretti interessati, cioè i 232 istituti (dalla Triennale di Milano al centro di cinematografia sperimentale, dall'Istituto Gramsci alla Fondazione Don Sturzo e, appunto, alla Craxi) che si vedono prosciugare i trasferimenti. Luca Barbareschi, anche lui onorevole del Pdl e vicepresidente della commissione trasporti e telecomunicazioni a Montecitorio, vede nella stretta indifferenziata il rischio «di impoverire la cultura del paese.

La situazione è di emergenza - riconosce il deputato-attore - ma va risolta cercando di colpire gli sprechi o avviando una lotta vera all'evasione fiscale; se invece si depauperano ancora gli italiani di un patrimonio importante, colpendo con la scure una categoria che, non sempre ma spesso, ha supportato la crescita e lo sviluppo culturale del paese, saremo sempre nella condizione di dover correre ai ripari anziché spingere sull'acceleratore della crescita».

La critica ai tagli "cultrali" cresce anche dalle parti dei finiani. Farefuturo, la fondazione vicina al presidente della Camera, sbotta: «Non è né giusto né possibile agire in questo modo. TRa gli istituti tagliati ci sono vere e proprie punte di eccellenza del paese, come il festival del Due Mondi di Spoleto, la fondazione Arena di Verona, il Rossini Festival di Pesaro o il gabinetto Viesseux di Firenze. Tutto questo rischia di essere un sacrificio inutile se non controproducente».

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Tags Correlati: De Gasperi | Don Sturzo | Farefuturo | Italo Bocchino | Luca Barbareschi | Montecitorio | PDL | Politica | Presidenza della Repubblica | Sandro Bondi | Stefania Craxi | Ugo Spirito | Unire

 

La sponda, nella stessa area politica, arriva dal deputato finiano Italo Bocchino, che dopo aver riconosciuto che «il problema è serio, se anche Sandro Bondi, il coordinatore del primo partito della maggioranza e ministro interessato dice di non aver saputo e di non condividere» i tagli alla cultura, propone delle alternative: «Perché non aboliamo cose inutili come il Pra, l'Unire (Unione nazionale per l'incremento delle razze equine, ndr) o l'agenzia dei segretari comunali?».

Il problema delle alternative è sollevato anche da Stefania Craxi, con toni più battaglieri: «Mentre si prova a risparmiare qualche milione sugli enti culturali - spiega - lo stato spende molto di più per sorreggere un sistema che con la cultura non ha nulla a che fare, e si sperperano soldi pubblici per sostenere televisioni locali che vivono solo di televendite». Per la figlia dell'ex presidente del consiglio, però, sulla supremazia di padelle e materassi nei confronti degli enti culturali non è ancora detta l'ultima parola: «Lunedì ci incontreremo con le altre fondazioni "serie" come la De Gasperi, la Gramsci, la Ugo Spirito, la Don Sturzo, la Einaudi, e decideremo che cosa fare». La battaglia è appena all'inizio.

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