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Questo articolo è stato pubblicato il 31 maggio 2010 alle ore 19:04.
Nell'inchiesta sui termovalorizzatori siciliani entra in veste di indagato anche il sindaco di Palermo, Diego Cammarata. All'uomo che guida la giunta di centro-destra sostenuta da Udc e Pdl «lealista» (che non sostiene in Regione il governatore Lombardo ndr.), la Procura di Palermo ha recapitato un'informazione di garanzia.
Le ipotesi di reato spaziano dal disastro doloso all'inquinamento delle acque e del sottosuolo, dalla truffa alla gestione abusiva di discarica all'abbandono di rifiuti speciali. Cammarata avrebbe impartito gli ordini su come gestire l'Amia e la discarica di Bellolampo. L'Amia è la società per l'igiene ambientale, al 100% del Comune di Palermo, dichiarata insolvente dal Tribunale su richiesta della Procura.
L'inchiesta ha compiuto un salto di qualità dopo che il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, ha denunciato, durante una recente seduta dell'assemblea di Palazzo dei Normanni, l'irregolarità delle gare che erano state indette dall'Arra (Agenzia regionale per i rifiuti e le acque) nell'era Cuffaro e che avrebbero dovuto portare alla realizzazione di quattro mega-inceritori, a Bellolampo, Paternò, Casteltermini e Augusta.
Ritenute illegittime dalla Corte di Giustizia europea successivamente alla loro aggiudicazione, le gare sono state reindette dall'Arra con nuovi bandi dopo le dimissioni di Cuffaro da presidente della Regione. Ma l'assenza di partecipanti alle nuove gare ha fatto decadere il progetto e indotto la giunta Lombardo a varare una riforma del sistema dei rifiuti. La nuova legge, approvata in parlamento con i voti determinanti del Pd, ha cancellato il progetto dei quattro maxi-inceneritori, ridotto da ventisette a nove il numero degli Ato rifiuti, che versano in gravi condizioni finanziarie, e ruota intorno alla raccolta differenziata.
I magistrati di Palermo stanno cercando di verificare se il processo che ha portato all'aggiudicazione delle gare e all'assegnazione dei primi lavori non sia stato oliato con tangenti versate ai politici.
Lo stesso Lombardo ha denunciato l'infiltrazione di Cosa nostra nei progetti dei quattro inceneritori facendo il nome di un'azienda, l'Altecoen, presente in uno dei raggruppamenti d'imprese che risultarono aggiudicatarie delle prime gare, riconducibile al boss catanese Nitto Santapaola.