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Questo articolo è stato pubblicato il 01 giugno 2010 alle ore 16:26.
Incontrandosi al 25° summit Russia-Unione Europea a Rostov-sul-Don, nella Russia meridionale, Dmitrij Medvedev, Herman Van Rompuy e José Manuel Barroso si sono ritrovati stretti tra la crisi mediorientale, le difficoltà dell'euro, la brutalità della polizia di Mosca e Pietroburgo, la fretta della Russia di modernizzare l'economia, di integrarsi nei mercati globali attraverso la Wto, di avvicinarsi all'Europa anche grazie all'abolizione del regime dei visti. Troppo, evidentemente, per poter annunciare grandi risultati.
Con l'euro nuovamente ai minimi di quattro anni sul dollaro, la preoccupazione centrale per il presidente della Commissione europea Barroso è stata assicurare che Ue e Russia non hanno «alcun dubbio sul futuro dell'euro: è una delle valute più stabili del mondo, la seconda valuta al mondo». Le autorità europee, ha continuato, «hanno espresso senza equivoci un impegno totale a fare tutto il necessario per garantirne la stabilità». La Russia darà una mano: «Noi non facciamo parte della Ue – ha osservato Medvedev nella conferenza stampa a tre che ha chiuso il vertice di Rostov – ma dipendiamo dalla condizione delle principali valute. Ricordo che è in euro circa il 40% delle nostre riserve, che non sono da poco». Le terze al mondo, 450 miliardi di dollari: quel che chiedono gli europei ai partner è evitare interventi che indeboliscano la fiducia nella moneta unica. Richiesta che il presidente della Banca centrale russa, Serghej Ignatiev, sembra intenzionato ad accogliere, almeno per ora: «Non c'è nessun bisogno di vendere», ha detto la settimana scorsa.
A Rostov ha fatto passi avanti la "partnership per la modernizzazione": un programma di cooperazione tra governi, istituzioni comunitarie e imprese per mettere alta tecnologia e innovazione al servizio dell'obiettivo che Medvedev ha posto davanti a ogni altro, la modernizzazione del paese. Ma la Russia è sola a premere perché si concretizzi uno degli elementi che darebbero un impulso importante allo sviluppo, la soppressione reciproca dei visti di ingresso. «Siamo pronti ad abolirli domani», ha chiarito il presidente russo, consapevole però dei timori degli europei che ritengono insufficienti le garanzie di Mosca su sicurezza e controlli ai confini. «L'abrogazione dei visti – ha insistito Medvedev – non rappresenta una minaccia per la sicurezza dell'Unione, mentre faciliterà la vita di milioni di cittadini europei». Sapendo che a Rostov la Russia non sarebbe riuscita a ottenere molto dai partner, il Cremlino ha cercato di accelerare i tempi trasmettendo un progetto di accordo sui visti: sperando possa costituire "un punto di riferimento", si è accontentato il presidente.