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Questo articolo è stato pubblicato il 02 giugno 2010 alle ore 09:24.
Ancora una volta le parole più caute e responsabili sulla nefasta azione militare israeliana contro i militanti pro Gaza della Freedom Flotilla (9 morti e numerosi feriti) non sono arrivate dai governi europei, né da quelli arabi o islamici, ma da Washington. Gli americani hanno espresso rammarico per i morti e i feriti causati dal fuoco israeliano e hanno sottolineato le sofferenze dei palestinesi, ma non si sono spinti fino a condannare l'operato del governo di Gerusalemme.
Eppure alla Casa Bianca non c'è più il famigerato George W. Bush, il crociato pronto a sostenere ogni azione della destra israeliana, da ormai un anno e mezzo c'è il Nobel per la Pace, Barack Obama, l'uomo della speranza e del cambiamento, il presidente americano che finalmente, almeno stando ai desiderata dell'intellighentia occidentale, avrebbe dovuto ridimensionare le politiche imperialiste e guerrafondaie dello Stato ebraico. Non è andata così, come era ovvio. L'amministrazione Obama ha bloccato al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite una dura censura nei confronti di Israele chiesta da più parti e ha fatto approvare una generica e molto più tenue risoluzione di condanna degli «atti che hanno avuto come esito la perdita di vite di civili».
Alejandro Wolff, numero due americano al Palazzo di Vetro, dopo le dichiarazioni di cordoglio e la richiesta a Gerusalemme di accertare fatti e responsabilità dell'azione militare, ha rimproverato i militanti della flotta umanitaria di aver tentato di forzare il blocco navale («una cattiva idea») con un comportamento inappropriato e irresponsabile, perché avrebbero potuto seguire una procedura di consegna degli aiuti meno provocatoria, meno irritante e certamente più efficace. Ma non è finita. L'assistant secretary del Dipartimento di Stato, P.J. Crowley, ha riconosciuto le difficoltà delle condizioni di vita dei civili a Gaza e si è impegnato a convincere Gerusalemme ad ampliare, assieme all'Autorità palestinese, la portata dei beni umanitari per la popolazione, ma sempre «tenendo in considerazione le legittime preoccupazioni di sicurezza del governo israeliano».
Il rappresentante del Dipartimento di Stato ha aggiunto che «l'interferenza di Hamas» e «il suo uso e sostegno della violenza» complicano, e non poco, la situazione.