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Questo articolo è stato pubblicato il 02 giugno 2010 alle ore 16:52.
Chissà se questa sera alla Casa Bianca il presidente americano Barack Obama e il suo ospite Paul McCartney canteranno assieme «Help», o «Let it be». «Aiuto» e «lascia che sia», titoli che sintetizzano meglio di mille analisi politiche gli appelli al presidente da parte della popolazione del Golfo e la risposta governativa al disastro petrolifero.
Non ci sono catastrofi ambientali o tensioni mediorientali che tengano, infatti. Il mercoledì sera lo spettacolo più imperdibile della città, the «hottest ticket in town», va in scena al numero 1600 di Pennsylvania Avenue, a casa di Barack & Michelle Obama. Ai tempi di George W. Bush, Washington andava a letto prestissimo, giacché la mattina successiva c'era da abbattere qualche dittatore e magari anche salvare l'occidente.
Con Obama, anche in tempi di crisi, il mercoledì sera si fa festa. Stevie Wonder e Bob Dylan, jazzisti e anime soul, leggende folk e cantautori impegnati, gruppi a cappella e celebrità del blues si alternano sul palchetto montato nella East Room. Ma capita anche che ci siano solo pizza e birra per vedere tutti insieme il Superbowl. Oppure i Jonas Brothers a sorpresa per la festa delle bambine. Pochi rapper, anzi nessuno si lamenta il Washington Post, nel cartellone della Casa Bianca (Jay Z c'è stato, ma non ha cantato).
Cocktail, hamburger e hot dog per allietare le serate in casa, ma usati anche come arma politica per addolcire deputati e senatori. Il suadente metodo pop di Obama funziona a meraviglia, ma di solito quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare. Tendenzialmente non a golf.