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Questo articolo è stato pubblicato il 02 giugno 2010 alle ore 13:09.
Vuoi l'amore per la casacca, o il circuito fra sport, consenso e potere, lo stesso che spinge politici di ogni ordine e grado sulle tribune «vip» degli stadi. Fatto sta che nei mille rivoli della spesa pubblica si sono infilate in questi anni anche le magliette di calciatori, pallavolisti o cestisti, con regioni, province e comuni impegnati nel ruolo di sponsor. Un'attività arrivata di botto al canto del cigno, perché nell'ansiosa ricerca delle falle da tappare nei bilanci della pubblica amministrazione la manovra «salva-euro» è arrivata anche qui: con violenza, al punto che da gennaio 2011 le sponsorizzazioni di ogni tipo da parte degli enti pubblici saranno solo un ricordo.
Per carità, con la ventina di milioni che si recuperano non si fermano gli attacchi speculativi; i «sacrifici», però, sono anche una questione d'immagine, e la mannaia non evita le voci più difficili da giustificare da un punto di vista istituzionale. Tra le vittime del no assoluto alle sponsorizzazioni c'è di tutto: la nazionale si porterà in Sudafrica anche la regione Calabria (8 milioni investiti in una campagna con Ringhio Gattuso), ma a fine anno le due "istituzioni" dovranno separarsi. Il Cagliari dovrà rinunciare al milione e 600mila euro speso dalla Regione Sardegna e il Brescia dirà addio alla sponsorizzazione del Trentino Alto Adige. Un colpo al marketing territoriale, che a prezzi modici dà lustro a un territorio portando il marchio in giro per il mondo? Non sempre. La Villacidrese, per esempio, non è mai andata in Champions, anzi si è appena salvata per un soffio nella seconda divisione della Lega Pro, ma ha avuto anche lei la sua bella sponsorizzazione (300mila euro) dalla regione Sardegna. (G.Tr.)