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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2010 alle ore 08:03.
È l'ultima vittima della battaglia di Okinawa. Yukio Hatoyama è caduto principalmente sul terreno minato della ridislocazione di una base dei marines americani (Futemna) sull'isola che fu teatro nel 1945 del maggiore assalto anfibio nel Pacifico. L'ormai ex premier si aggiunge, politicamente, al numero spropositato di civili (oltre 100mila) che perirono nel corso di una battaglia costata in totale circa 250mila vite; un'orgia di sangue che convinse il presidente Truman (secondo un'accreditata interpretazione) a non farsi scrupoli nell'usare le atomiche per piegare il Giappone senza invaderlo palmo a palmo.
Okinawa è un'isola che, assieme al territorio Usa di Guam, viene considerata dal Pentagono - oggi più che mai - una «portaerei inaffondabile» e un avamposto essenziale. La sua posizione geografica - vicina a Taiwan - la rende fondamentale per il ruolo globale degli Stati Uniti e per il contenimento delle presenti e future ambizioni internazionali di Pechino. Così il primo governo giapponese del dopoguerra guidato dal Partito democratico è naufragato al largo della catena delle Ryukyu dopo essere stato silurato dall'intransigenza di Washington incarnata da Hillary Clinton e Robert Gates. Schiacciato tra pressioni Usa e promesse elettorali, Hatoyama ha visto il pubblico voltargli le spalle nei sondaggi a causa della gestione ondivaga della faccenda, al punto che molti nel suo partito gli hanno chiesto di farsi da parte per non compromettere l'esito delle elezioni di luglio per la camera alta.
Dopo più di un decennio di negoziati e pre-accordi, nel 2006 Tokyo e Washington avevano concordato la chiusura della base (situata nel territorio urbano di Ginowan) per costruirne un'altra più a nord, a Henoko, nel quadro di un piano di trasferimento di circa ottomila marines a Guam entro il 2014. L'idea originaria era quella di ridurre le servitù militari su un'isola che ospita il 75% delle basi Usa e oltre la metà dei circa 50mila soldati presenti in Giappone, dopo che una serie di incidenti (dalla caduta di elicotteri su campus universitari a violenze sessuali) aveva provocato forti proteste locali.