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Come battere l'evasione fiscale in due mosse

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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2010 alle ore 09:37.
L'ultima modifica è del 03 giugno 2010 alle ore 09:38.

Un terzo della manovra di finanza pubblica si basa sulla lotta all'evasione (8 miliardi su 24 entro il 2012). Obiettivo ambizioso, ma non irraggiungibile. Anzi, se si pensa che l'evasione stimata è circa 120 miliardi, probabilmente si può fare molto di più. Ma ciò richiederebbe di aggiungere altre iniziative a quelle assunte con la manovra, per completarne i contenuti secondo un programma di respiro pluriennale.

I provvedimenti previsti nella manovra per combattere l'evasione sono numerosi. Alcuni sono passi importanti nella direzione giusta. Lo è certamente l'uso degli «indicatori di spesa» per determinare presuntivamente il reddito prodotto. Lo sono il tracciamento delle spese e la limitazione dell'uso del contante che, combinati, ostacolano l'economia sommersa e rafforzano l'affidabilità degli «indicatori di spesa». Lo è l'istituzione della ritenuta di acconto sui corrispettivi, che conferma la natura strutturale della detrazione dall'imponibile delle spese di ristrutturazione e di quelle destinate al risparmio energetico. Lo è, da ultimo, l'accatastamento dell'intero patrimonio immobiliare nazionale con la rilevazione dei fabbricati "ombra".

La cosa più importante, tuttavia, è che misure complementari a quelle descritte non sono state assunte. Anzitutto, la manovra non ha inteso monitorare consistenza e composizione dei patrimoni dei contribuenti. Pur disponendo di strumenti adeguati, l'amministrazione non ha mai proceduto a un'inventariazione sistematica e diretta dei patrimoni, specie al di sopra di una soglia significativa. Né ha mai chiesto ai contribuenti una rappresentazione periodica dei rispettivi patrimoni, pur senza tassarli. Poiché la variazione dei patrimoni corrisponde al reddito meno la spesa per consumi, la consistenza patrimoniale è un'informazione essenziale per contrastare l'evasione. Ma di un'iniziativa del genere non v'è traccia nella manovra.

Eppure, il monitoraggio dei patrimoni ben si combinerebbe con gli indicatori di spesa utilizzabili per contrastare l'evasione di importi relativamente modesti, come ad esempio nel commercio al dettaglio, nell'artigianato e nelle professioni autonome minori, in cui è verosimile che il reddito evaso non si trasformi in nuovo significativo patrimonio, ma venga prevalentemente destinato a maggiori consumi. Mentre indicatori patrimoniali al di sopra di una certa soglia potrebbero essere impiegati per contrastare l'elusione che si esercitasse sugli indicatori di spesa.

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Tags Correlati: Italia | Libere professioni | Mario Draghi

 

Questa riluttanza può forse essere spiegata con il timore di indurre una fuga dei capitali all'estero, in un momento in cui la fiducia già è vacillante, perché i risparmiatori potrebbero vedere la richiesta di una dichiarazione patrimoniale come primo passo verso la tassazione della ricchezza. Ma se questa è la ragione, è poco valida.

Innanzitutto, perché la fiducia che conta per un debitore sovrano è quella dei mercati internazionali, più ancora che quella dei risparmiatori italiani; e da questo punto di vista, tanto più è ampia la base imponibile, tanto minore è il rischio di crisi sul debito pubblico. Inoltre, perché le maglie della cooperazione internazionale si stanno stringendo e rendono sempre più difficile tenere all'estero capitali clandestini. Infine, perché l'Italia ha raggiunto equilibri politici da paese stabile e maturo, che rendono difficile immaginare interventi punitivi sui grandi patrimoni.

Un secondo provvedimento che non ha trovato spazio nella manovra riguarda la tassazione dei redditi immobiliari. Oggi parte rilevante del reddito immobiliare sfugge alla tassazione anche per via di un'ampia diffusione di rapporti di locazione irregolari. Qui il contrasto dell'evasione potrebbe realizzarsi con una differente tassazione degli immobili, basata sui «redditi figurativi» anziché su quelli dichiarati. La tassazione catastale degli immobili unirebbe semplicità dell'accertamento con l'incentivo a una miglior utilizzazione economica del bene e sarebbe compatibile con il sostegno alla prima casa o ad altre fattispecie da tutelare. La tassazione separata dei redditi immobiliari, calcolati con riferimento alla reale potenzialità reddituale dei fabbricati, potrebbe anche uniformarsi alla tassazione delle rendite finanziarie, ad esempio con un'aliquota unica del 20 per cento.

Oggi tuttavia i redditi catastali sono del tutto irrealistici rispetto a parametri di mercato. Il contrasto all'evasione dei redditi immobiliari dovrebbe partire dunque dall'identificazione degli immobili "ombra" contenuta nella manovra, per poi svilupparsi con iniziative di tassazione differenti che per essere efficaci dovrebbero però portare a una radicale revisione dei valori catastali. A questo dovrebbero lavorare congiuntamente amministrazione finanziaria dello Stato e amministrazioni locali.

Come ha ricordato il Governatore Mario Draghi nelle sue Considerazioni Finali all'Assemblea di Banca d'Italia, l'illegalità e la corruzione sono tra i mali più gravi che affliggono il nostro paese. L'evasione fiscale ne è un aspetto rilevante. Sconfiggere evasione e illegalità aiuterebbe anche la crescita. Non solo per la ragione ovvia che diventerebbe possibile abbattere le aliquote sul lavoro. Anche e forse soprattutto perché consentirebbe una migliore allocazione delle risorse. L'evidenza empirica conferma che la produttività aggregata cresce soprattutto grazie all'afflusso di risorse e fattori produttivi verso le imprese e i settori più dinamici ed efficienti. Ma in Italia evasione fiscale e illegalità sono un ostacolo importante sulla strada di una migliore allocazione delle risorse. Le imprese restano piccole e sottocapitalizzate anche perché i mercati finanziari temono che i bilanci non siano veritieri. Il lavoro si dirige verso l'economia sommersa o verso le professioni e i settori dove vi è il vantaggio fiscale di una più facile evasione. La criminalità organizzata e l'illegalità diffusa scoraggiano l'afflusso di capitali dall'estero e rendono praticamente impossibile investire in alcune zone del paese. Tutti questi ostacoli diventerebbero meno rilevanti a fronte di una guerra senza quartiere all'evasione e all'illegalità.
Per tutte queste ragioni, ha fatto bene il governo a mettere la lotta all'evasione al centro della manovra. Ma per sconfiggere questa piaga, si può e si deve fare di più.

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