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Il catalogo dei manager presidenti (o simili)

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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2010 alle ore 15:28.

Se i sondaggi trovassero conferma nel voto olandese del 9 giugno, il prossimo premier dei Paesi Bassi sarà Mark Rutte, leader del Partito per la libertà e la democrazia. Rutte, quarantatré anni, è un liberale di centrodestra che ha alle spalle sia una carriera politica sia un decennio di esperienza come dirigente del gruppo anglo-olandese Unilever. La sua eventuale elezione andrebbe a ingrossare la pattuglia di leader politici con un passato lavorativo manageriale.

Un campione del settore è il presidente sudcoreano Lee Myung-bak che è stato eletto alla guida del suo paese dopo essere stato sindaco di Seoul. La sua vita decisamente eccezionale anni fa ha ispirato la serie tv "Times of ambition", in cui il futuro presidente era interpretato dall'attuale ministro della Cultura sudcoreano. Nato a Osaka da una famiglia povera di emigrati coreani, Lee a 24 anni inizia a lavorare nel gruppo Hyundai e dopo un lustro è già dirigente. A 35 anni, conquistata la leadership del colosso nazionale Hyundai Construction, Lee si aggiudica la palma di più giovane CEO sudcoreano. Lascerà il suo incarico nel 1992 dopo quasi trent'anni di carriera nel più importante gruppo industriale del paese. In eredità gli rimane il nomignolo di "bulldozer", guadagnato con la sua capacità di affrontare le situazioni più complicate e anche perché – come racconta The Hankyoreh, quotidiano di Seoul –per comprendere meglio il funzionamento di un bulldozer, ne smontò e rimontò completamente un esemplare.

Nel nuovo esecutivo britannico guidato da David Cameron ha un posto di rilievo un altro politico che ha assaggiato alcuni anni di lavoro in una grande multinazionale. Si tratta del ministro alle Attività produttive, il big liberal-democratico Vince Cable. Economista e saggista, dopo essersi dedicato ad attività accademiche, nel 1990 il futuro ministro, allora quasi cinquantenne, fa il suo ingresso lavorativo nel gigante del petrolio Shell, per poi diventarne Chief Economist nel biennio 1995-1997. Secondo alcuni commentatori inglesi di sinistra, il suo passato alla Shell, compagnia la cui attività ha sollevato più di una controversia, rappresenta una macchia indelebile nel curriculum di Cable, che pure è giunto nei Lib-dem proveniendo dalle posizioni leftist del Partito socialdemocratico. Particolarmente critici al riguardo alcuni articoli usciti sul settimanale New Statetsman.

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Tags Correlati: Chilevisión | Citibank | Comitato Esecutivo | David Cameron | Ellen Johnson Sirleaf | Equator Bank | Hyundai | John Key | Lee Myung-bak | Management | Margaret Thatcher | Sebastián Piñera | Shell Italia | Vince Cable

 

La presidentessa liberiana Ellen Johnson Sirleaf non è una nuova arrivata (è stata eletta nel 2006) ma è ancora in carica. Prima donna capo di stato nel continente africano, la settantunenne Johnson Sirleaf è un'economista con studi americani e un passato di incarichi onusiani di un certo peso. Soprannominata "Iron lady" come Margaret Thatcher, quando le turbolenze politiche del suo paese le hanno impedito di vivere in Liberia ha lavorato anche come dirigente nel settore bancario privato. In particolare, nel corso degli anni Ottanta, la Johnson Sirleaf è stata vicepresidente dell'Ufficio regionale africano di Citibank (a Nairobi) e vicepresidente di Equator Bank (a Washington).

Il premier neozelandese John Key, poco più che ventenne e ancora fresco di studi, nei primi anni Ottanta è assunto come project manager di Lana Walker Rudkin Industries, azienda del suo paese attiva nel settore dell'abbigliamento. Poi dopo essersi fatto le ossa nelle banche di investimento neozelandesi, nel 1995 entrando in Merryll Lynch spicca il salto verso incarichi (e stipendi) via via più prestigiosi. Lavorando nelle sedi di Singapore, Londra e Sydney del gigante finanziario, Key si conquista il nomignolo di "smiling assassin", assassino sorridente, per la disinvolta freddezza con cui si dedica, alla bisogna, a robusti sfrondamenti del personale.

Un caso leggermente diverso è quello del cileno Sebastián Piñera, che con l'elezione a presidente della Repubblica del marzo scorso ha interrotto un filotto di vittorie dei partiti di centrosinistra. Il nuovo, ricchissimo capo dello Stato cileno ha trascorsi da manager delle sue stesse società, visto che nel corso degli anni ha creato un enorme e assai diversificato impero economico-finanziario il cui valore si calcola in più di due miliardi di dollari. Per stornare le accuse di conflitto di interessi ha posto in vendita, con una tempistica che non ha pienamente soddisfatto i suoi critici, i pacchetti di azioni più sensibili di cui era in possesso, in particolare quelle della compagnia aerea LAN (Piñera controllava il 26 per cento della società), nonché il suo canale tv Chilevisión.

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