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Il ministro dell'Interno a Varese senza inno Scoppia la polemica

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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2010 alle ore 08:05.

LIna Palmerini
Nelle grandi occasioni è inevitabile fare l'appello di chi c'è e chi no. E così è successo anche ieri, Festa della Repubblica, dove è stata sottolineata con la penna rossa l'assenza del ministro dell'Interno Roberto Maroni e della rappresentanza leghista pur rilevante nella squadra di governo. La polemica va da sé. E non solo nell'opposizione che naturalmente stigmatizza quelle sedie vuote ma pure nella maggioranza con Gianni Alemanno, sindaco di Roma, a guidare la maretta anti-Lega nel Pdl. «Un brutto segnale», ha detto il primo cittadino romano ma si sa che la Capitale non è amata dai padani. Così come non amano la ricorrenza del 2 giugno, festa-simbolo di un'unità del paese contro cui oppongono la riforma federale e la spinta autonomista. Non è stata la prima volta di queste assenze. E lo ha ricordato senza enfasi Roberto Maroni a chi gli chiedeva conto di quell'assenza. «Sono tre anni che vengo a Varese», ha tagliato corto il ministro. Ma questa volta a fare rumore è anche la musica.
Già, perché alla prefettura di Varese, nella cerimonia all'aperto a Villa Recalcati, invece delle note di Mameli si sono sentite quelle di Umberto Bindi. L'orchestra, appositamente convocata per festeggiare l'occasione, ha infatti suonato cover di Andrea Bocelli, Gino Paoli e Umberto Bindi. Niente Inno di Mameli. Qualcuno l'ha notato e l'ha anche chiesto ma dalla prefettura è stato chiarito che non c'è stato lo zampino né del ministro dell'Interno, né del sindaco di Varese o del presidente della provincia, tutti e tre presenti, tutti e tre di fede padana. «È stata l'unica macchia di una giornata di festa molto partecipata», diceva il deputato Pd di Varese, Daniele Marantelli detto anche il "leghista rosso". Lui era lì, alla cerimonia, di fianco a Maroni ma appena viene interpellato lancia una stilettata al suo "amico" ministro: «È la classica tecnica dei leghisti: sventolano i simboli per distrarre i cittadini del Nord e non fargli vedere i tagli che presto arriveranno su comuni ed enti locali con questa manovra. Non ci saranno i soldi nemmeno per completare la Pedemontana». Anche dalla prefettura fanno sapere che l'Inno non era comunque imposto dal protocollo non essendoci la bandiera militare.

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Tags Correlati: Andrea Bocelli | Camera dei deputati | Gino Paoli | Idv | Lega | Lorenzo Cesa | Massimo Cialente | Partiti politici | PDL | Roberto Cota | Senato | Sindaco di Roma | Udc | Vannino Chiti | Varese

 

Ma insomma, se a Varese non si è suonato Mameli a Roma si è sentita molto la polemica intorno a queste assenze. Critico Vannino Chiti. «Un prefetto come quello di Varese che non ritiene di dover far suonare l'Inno di Mameli per la Festa della Repubblica, è probabilmente molto stanco. E stupisce anche la distrazione del ministro dell'Interno: ha confuso Bocelli e Paoli con il nostro Inno?». Critiche piovono pure dall'Idv e dall'Udc che con Lorenzo Cesa – tanto per restare in tema – parla di «nota stonata e occasione persa». La reazione dei leghisti arriva subito. «Sono polemiche pretestuose», si difende il capogruppo della Lega alla Camera, Marco Reguzzoni che fa notare – se a qualcuno fosse sfuggito – la sua presenza ai giardini del Quirinale martedì e la rappresentanza parlamentare alle celebrazioni di ieri a Roma dei vicecapigruppo di Camera e Senato. Naturalmente l'assenza si gioca sul messaggio politico leghista: il no all'unità e la battaglia sul federalismo, come ha ricordato proprio ieri sia Roberto Cota che lo stesso Reguzzoni citando la riforma federale tra «quelle utili da fare subito».
E se al Nord si discute sull'Inno e sui presenti, L'Aquila se la passa peggio. Il sindaco, Massimo Cialente, ieri ha sfilato portando la fascia tricolore in mano, come gesto di protesta ai tagli della manovra correttiva sulle agevolazioni fiscali per l'area colpita dal terremoto di un anno fa. Tagli che fanno male più di un mancato Inno.
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