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Wall Street incoraggiata dai dati macro

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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2010 alle ore 08:01.

È il trionfo della volatilità si potrebbe banalmente osservare dopo aver visto quel che è successo sui mercati finanziari. E si potrebbe aggiungere che la volatilità in Europa è probabilmente la conseguenza del profondo disorientamento degli investitori. Ma quella di Wall Street cos'è allora? Se le Borse europee sono riuscite alla fine a chiudere in parità è solo perché, a New York, l'S&P500 ha iniziato a salire poco dopo l'apertura (+2,58%% in chiusura e +2,64% il Nasdaq). Ma cosa aveva determinato, martedì, la caduta dell'1,7%, quasi tutta maturata nell'ultima mezz'ora di contrattazioni? Le borse europee non si sono date una risposta e hanno semplicemente preso atto della cosa: in mattinata sono arrivate a perdere l'1,5%, ossia la misura che bastava a pareggiare i conti con Wall Street. Anche in chiusura (+0,02% lo Stoxx, invariata Francoforte, -0,05% Parigi, -0,23% Londra, -0,5% Milano) i conti erano sostanzialmente in pari.
A New York gli investitori continuano invece a interrogarsi sui motivi di quelle improvvise variazioni nell'ultima mezz'ora. Le si vede da mesi, ma recentemente si sono intensificate e per lo più si sono manifestate al ribasso. Dapprima s'era attribuito il fenomeno agli interventi in fine seduta dei fondi d'investimento. S'è pure avanzata l'ipotesi che qualche hedge fund stesse saggiando la possibilità di un forte ribasso del mercato. Ma le reazioni della borsa nel giorno successivo hanno (quasi) sempre dimostrato che c'era assai poca logica in quei repentini movimenti. E allora la spiegazione più convincente andrebbe nuovamente ricercata negli effetti creati dal trading ad alta frequenza, quello che viene elaborato dai sofisticati algoritmi che si nutrono esclusivamente dei dati quantitativi ricavati dal mercato stesso. Goldman Sachs e le grandi banche d'investimento sono maestre in questo operare. Il fenomeno sta avendo una grande risonanza presso le autorità statunitensi e, in risposta alle interrogazioni del senatore Ted Kaufman, proprio ieri s'è tenuto un incontro al riguardo negli uffici della Sec.
In ogni caso, ieri, non ci sono state sorprese nel finale. C'è chi spiega il buon andamento di Wall Street con i positivi dati macroeconomici. E cita la crescita dei contratti preliminari di vendita di abitazioni ad aprile (+6%) e il discreto andamento delle vendite al dettaglio. Ma l'apparente ripresa del mercato immobiliare potrebbe rivelarsi solo temporanea essendo legata agli incentivi fiscali per l'acquisto di una casa, scaduti proprio a fine aprile. La verifica l'avremo solo il mese prossimo con l'annuncio dei contratti preliminari stipulati a maggio. Inoltre, il dato sui licenziamenti elaborato da Challenger (38.810 a maggio) è risultato leggermente superiore a quello del mese precedente.

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Un po' più complicate sono le cose sui mercati europei, poiché la crisi dei debiti sovrani continua ad avere un ruolo dominante. Se si guarda ai titoli di stato, si vede che anche ieri s'è venduto sui titoli italiani e spagnoli e ci si è rifugiati sul Bund tedesco, i cui rendimenti sono pertanto calati di due centesimi al 2,66%. Ma il forte allargamento degli spread (differenziale di rendimento) segnala una intensificazione delle pressioni ribassiste sui titoli dei paesi a rischio. Nel caso dei BTp decennali, il rendimento è salito di 8 centesimi al 4,27%, pressoché un massimo dal luglio dello scorso anno. Le tensioni sul mercato del credito sono evidenti per i corporate bond, sia per quelli a maggior rating sia per i junk bond. Il sensibile aumento dei rendimenti, come segnalano gli operatori, è però il risultato di un mercato secondario quasi congelato negli scambi e di quello primario in cui sono sempre più rarefatte le nuove emissioni. Il mercato meno volatile s'è rivelato ieri quello valutario con l'euro che ha recuperato leggermente sul dollaro (1,226).
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