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Questo articolo è stato pubblicato il 04 giugno 2010 alle ore 08:30.
L'ultima modifica è del 04 giugno 2010 alle ore 08:30.
Tornare ai mercati ante anni Novanta
Mario Deaglio
Università di Torino
In questi frangenti di crisi è necessario ridurre l'esposizione verso la finanza internazionale: bisogna tornare a mercati più chiusi, più protetti come nel periodo che hanno preceduto il 1990. La Germania si sta già muovendo su questo tipo di stretta. Più che controlli sulle valute, servono controlli sui mercati: la Bce dovrebbe spingere - anche se non è il suo compito specifico - la commissione e i singoli governi a lavorare per sottrarre i mercati alla volatilità. Inoltre, è necessario rivedere i parametri del patto di stabilità: siamo stregati dal 3% per il rapporto deficit/Pil, ma in una fase così difficile per l'economia lo si potrebbe portare al 4% per consentire una boccata d'ossigeno. Ora, a livello europeo, il rapporto deficit/Pil è del 7%, mentre in Usa è quasi doppio ma il dollaro è forte.
Il modello è la Fed: agevolare la liquidità
Carlo Altomonte
Università Bocconi di Milano
Sono d'accordo con l'analisi del Financial Times: il 9 e 10 maggio, quando è stato varato il mega euro-bond da 60 miliardi a carico del bilancio europeo per finanziare i paesi in difficiltà finanziaria. è nata davvero l'unione politica e fiscale dell'Europa. La Bce è passata dall'infanzia alla maturità: la Ue gestisce le politiche fiscali e la Bce agevola la liquidità (né più né meno di quanto accade negli Usa alla Fed). È strano che i tedeschi assecondino, a parole, la solidarietà fiscale, ma chiedano un irrigidimento delle politiche. Inoltre, serve che nei prossimi tre anni, accanto al sostegno fiscale, si riscrivano le regole bancarie perché gli istituti di credito non comprino più quei titoli spazzatura all'origine della valanga finanziaria che ci ha travolti.
Con tassi alti imprese e famiglie in difficoltà
Stefano Manzocchi
Università Luiss di Roma
È ancora troppo presto per la Banca centrale europea per attuare una politica restrittiva. Aumentare i tassi d'interesse causerebbe un ulteriore scossone alla Ue, che già arranca. I paesi forti (la Germania, ad esempio) vedrebbero lievitare il costo del denaro; quelli più deboli si troverebbero davanti a un doppio problema: denaro più caro e una crescita degli spread da pagare. Gli Usa, che stanno vivendo una tenue ripresa, non vanno verso un aumento dei tassi, come pure la Cina. Senza dimenticare che le difficoltà si allargherebbero alle famiglie (i mutui, che stanno lentamente ripartendo, lieviterebbero) e alle imprese (il denaro diventerebbe più caro anche per il mondo produttivo).