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Cadono le borse sui timori a Est

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Questo articolo è stato pubblicato il 05 giugno 2010 alle ore 08:04.

Luca Davi
MILANO
Come in un sadico gioco senza fine, ieri è toccato all'Ungheria cadere nel pozzo dei paesi a rischio default. E la risposta dei mercati è stata molto simile, nei metodi, a quella registrata di fronte al caso Grecia. Tradotto: sono scattate le vendite sui titoli bancari ritenuti più esposti al governo di Budapest; è sceso ancora una volta l'euro; è scattato l'acquisto, in massa, di asset difensivi come l'oro, che ieri ha toccato un nuovo record in euro (1.015,66 euro per oncia).
Questa, in sintesi, la trama seguita ieri dai mercati. Una seduta che ha visto soffrire soprattutto i listini europei, già provati dai poco incoraggianti dati sull'occupazione americana. A fine giornata lo Stoxx 600 ha ceduto l'1,76%: il dato riassume le pesanti flessioni dei listini dell'Europa centro-orientale (Vienna -4,1%, Budapest -3,34%), i cali, più contenuti, delle principali piazze del Vecchio continente (Parigi -2,83%, Francoforte -1,91%, Londra -1,63%) e l'ennesima frenata dei paesi periferici: Madrid è arretrata del 3,8%, Atene del 5,56%. In rosso anche Milano, che ha lasciato sul terreno il 3,7%. A far da zavorra sono stati i bancari, soprattutto i titoli di quegli istituti che, secondo gli investitori, potrebbero registrare le conseguenze più rilevanti di un potenziale crack del governo magiaro. Tra i più penalizzati da segnalare le banche austriache Raiffeisen (-8,33%) ed Erste (-7,8%) e le italiane Intesa Sanpaolo (-6,1%) e UniCredit (-5,68%) (si veda articolo accanto), ma un po' tutto il comparto ha pagato dazio, come conferma il rosso del 5,4% del settore a livello europeo. E non che mancassero i motivi di allarme: per tutta la seduta si sono rincorsi rumors (smentiti) secondo cui Société Générale (-7,58%) avrebbe accumulato ingenti perdite su strumenti derivati. A far da corollario a una giornata a dir poco difficile ci ha pensato anche l'euro, che ancora una volta ha perso rispetto al biglietto verde: la valuta europea è infatti scesa sotto quota 1,20 sul dollaro, il minimo dal marzo 2006.
Spinti dall'allargamento del rischio default in Europa, gli speculatori sono tornati a concentrarsi sui debiti sovrani, i cui credit default swaps hanno toccato nuovi record. Il costo per assicurarsi dalle perdite registrate dal debito ungherese ad esempio è salito a quota 371, dopo aver toccato il massimo di 416 punti base, mentre l'indice per i paesi dell'Europa Occidentale ha raggiunto il record di 174,4 punti.

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Tags Correlati: Barack Obama | Borsa di Londra | Borsa Valori | Europa Occidentale | Grecia | Indici finanziari | Intesa Sanpaolo | Nasdaq | Raiffeisen | Stoxx | Ungheria | Vienna | Wall Street

 

Di fronte a tanta incertezza, Wall Street non ha potuto fare altro che accodarsi, chiudendo in ribasso del 3,44% (S&P 500) e del 3,64% (Nasdaq). Cali che in verità sono stati generati, così come è accaduto per i listini del Vecchio continente, del deludente dato sull'occupazione americana diffuso nel primo pomeriggio. Perché dei 431 mila posti di lavoro creati a maggio dal mercato a stelle e strisce (l'aumento maggiore dal marzo 2000), ben il 95% è il frutto delle assunzioni temporanee effettuate dallo stato per il censimento pubblico. Al contrario il settore privato, che dovrebbe essere il vero "motore" occupazionale, ha offerto solo 41 mila nuovi posti di lavoro, molti meno rispetto ai 218 mila di aprile e ai 190 mila stimati dagli analisti.
A poco è servito dunque l'entusiasmo di Barack Obama («È il quinto mese consecutivo che l'occupazione cresce - ha affermato il presidente americano - I dati mostrano che l'economia si rafforza di giorno in giorno»): gli operatori hanno infatti messo l'accento sul fatto che le imprese hanno preferito aumentare i ritmi di lavoro e quindi gli orari dei dipendenti (passati da 34,1 ore settimanali e 34,2) piuttosto che assumere nuovo personale.
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