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Questo articolo è stato pubblicato il 05 giugno 2010 alle ore 08:08.
Da oggi sarà più facile dare l'etichetta di centro-sinistra al governo giapponese: l'ascesa a primo ministro di Naoto Kan porta alla ribalta un personaggio che in Europa definiremmo socialdemocratico e in America liberal, a partire dall'apprendistato politico ambientalista e per i diritti civili.
Una differenza non trascurabile rispetto al suo predecessore Yukio Hatoyama, che pure nel settembre scorso aveva parlato di «cambiamento di regime» perché il suo esecutivo aveva spezzato il monopolio del potere detenuto da oltre mezzo secolo dallo schieramento conservatore del Pdl (Partito liberaldemocratico). La soluzione-lampo della crisi di governo ha portato ieri Kan prima al vertice del Partito democratico (con 291 voti su 420) e subito dopo alla consacrazione a premier da parte delle due Camere. Già martedì sarà presentata la lista dei ministri, che secondo le indiscrezioni non dovrebbe abbondare in novità. Del resto, la crisi innescata dalle dimissioni di Hatoyama si risolve nel segno della continuità, visto che il suo successore Kan già gli faceva da vice-premier e da gennaio era diventato anche ministro delle Finanze. Kan però interrompe la lista degli ultimi effimeri primi ministri (Abe, Fukuda, Aso, Hatoyama) che erano figli o nipoti di premier; in precedenza, anche Junichiro Koizumi faceva parte di una dinastia politica: bisogna risalire più indietro, a Yoshiro Mori, per trovare un capo del governo fuori dalle caste ereditarie (anche se i genitori di Mori erano attivi sul piano locale).
Hatoyama e il suo potente mentore Ichiro Ozawa - fresco dimissionario, dalla guida del partito - avevano inoltre costruito la loro carriera politica dentro il Partito liberaldemocratico. Kan ha una biografia da oppositore in piccoli partiti, anche se ha assunto la notorietà nazionale con una esperienza ministeriale che ad Hatoyama mancava: come esponente di un partito minore alleatosi provvisoriamente con il Pdl, divenne titolare del portafoglio della Sanità e sconfessò la sua burocrazia ministeriale, portando alla luce uno scandalo di trasfusioni di sangue infetto.
Con queste credenziali, già nel governo di Yukio Hatoyama (con il quale fondò il Pd nel 1998) Kan ha assunto la guida del nuovo ufficio di pianificazione strategica incaricato di attuare uno dei punti-chiave del programma: la riduzione del potere delle grandi burocrazia. Se pure Kan, nel corso di una delle sue due fasi al vertice del Pd, promosse la fusione con il Partito liberale di Ichiro Ozawa, è notorio che i suoi rapporti con l'ingombrante “shogun-ombra” (sotto pressione per scandali di finanziamenti illegali) non sono buoni: con lui, il pubblico non dovrebbe avere la sensazione di un governo teleguidato dall'esterno o impacciato da zone oscure, un sospetto che ha contribuito a minare la popolarità di Hatoyama. Un'altra differenza è caratteriale: rispetto al suo professorale predecessore, Kan ha fama di parlar chiaro, essere irascibile. È anche riuscito a superare un paio di scandali. Una dozzina di anni fa una rivista di gossip rivelò una sua scappatella (negata, ma credibile) con una annunciatrice televisiva, mentre nel 2004 dovette dimettersi dalla guida del partito per una storia di contributi pensionistici non versati in pieno.