Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 06 giugno 2010 alle ore 08:05.
Marco Ludovico
ROMA
Diego Anemone alza il prezzo. L'imprenditore inquisito per i grandi eventi del G8 ha deciso di non collaborare con i pm di Perugia Alessia Tavarnesi e Sergio Sottani. Non più in carcere - a differenza di Angelo Balducci e Fabio De Santis - Anemone tiene tuttavia la bocca cucita. E mercoledì prossimo il gip deciderà sulla richiesta di commissariamento del gruppo di aziende dell'imprenditore romano. Mentre martedì a Roma gli inquirenti perugini vedranno il leader Idv Antonio Di Pietro, che aveva chiesto di essere sentito. La settimana seguente, poi, dovrebbe essere ascoltato di nuovo il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso. Il lavoro dei pm, intanto, si sta concentrando sul materiale cartaceo e informatico, compresi alcun computer, sequestrato al commercialista di Anemone, Stefano Gazzani: sono 34 faldoni di documenti. Appalti, trasferimenti di denaro, transazioni, elenco clienti, ristrutturazioni, consulenze, affari d'ogni genere.
Uno dei file estratti dal pc di Gazzani, «relazione Maddalena», è un lungo elenco di indicazioni sugli assetti del gruppo Anemone, una miriade di società tutte dirette e coordinate dall'imprenditore. Sarebbe la conferma che le centinaia di operazioni bancarie e movimenti finanziari, molti ancora da identificare, sono riconducibili tutti allo stesso soggetto. Al commercialista sono state sequestrate anche le chiavi di due cassette di sicurezza di una banca di San Marino, dove Gazzani aveva accompagnato la madre di Claudio Rinaldi – commissario per i mondiali di nuoto di Roma 2009, coinvolto anche lui nell'inchiesta – per un'operazione della signora per conto di Anemone. Occhi puntati, dunque, sull'istituto di credito del Titano. C'è attenzione degli inquirenti anche sulla Gazzani Communications srl, una «società di nuova acquisizione che fa capo ad Anemone Diego, anche se il capitale sociale risulta interamente sottoscritto da Stefano Gazzani». Secondo i pm «sembrerebbe costituita dalla famiglia Anemone all'unico scopo di far transitare denaro contante di dubbia provenienza, atteso che le uniche operazioni commerciali rilevate in contabilità sono quelle riconducibili ai predetti movimenti finanziari». Mentre è ormai minima l'osservazione degli inquirenti sulla lista - considerata da molti una polpetta avvelenata - di circa 400 nomi trovati nel pc di Anemone. Come quello del capo della Polizia, Antonio Manganelli, che ha dichiarato: «In quella lista ci sono almeno 390 persone per bene, io ritengo di essere tra questi». Di ieri sono i rumors velenosi che si concentravano sul generale della Guardia di Finanza Paolo Poletti, oggi vicedirettore all'Aisi (ex Sisde), anche lui nella lista, che avrebbe addirittura inviato un proprio ufficiale a Perugia per chiedere di essere sentito dai pm. Notizia inverosimile e falsa, anche perché Poletti compare nell'elenco in quanto l'alloggio di servizio in via Otranto a Roma, dove il generale ha abitato dal 2001 al 2007, è stato ristrutturato da Anemone. E pagato con tanto di regolare fattura.