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L'«esercito» che sfida la marea: i pescatori della Louisiana assunti dalla Bp per ripulire

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Questo articolo è stato pubblicato il 06 giugno 2010 alle ore 08:03.

John Wunstell faceva il pescatore di gamberi. Adesso è stato assunto dalla British Petroleum per ripulire l'inquinamento della marea nera che gli ha tolto il lavoro. Gli uomini con le tute bianche, con i guanti, con gli occhialoni protettivi che vediamo sulle spiagge della Louisiana o al largo, sui loro pescherecci trasformati in aspiratori di greggio, sono diventati l'altra faccia della marea nera. Li chiamano “spill workers”. La Bp, che assume attraverso società appaltatrici, è il datore di lavoro principale, ma non il solo: Obama, ormai disperato sul piano politico, ha detto ieri di aver autorizzato lo schieramento di 17.500 uomini della Guardia nazionale.

Ma a parte i grandi numeri, conta la prima linea. Le tute bianche - o gialle - appunto. E le notizie che giungono dal fronte sono drammatiche: molti lavoratori si sono ammalati, con ospedali pieni, problemi giuridici e cause in “class action”.

L'unica nota positiva è giunta ieri dalla cupola metallica calata dalla Bp, che è riuscita a catturare 6mila barili di petrolio, circa un terzo delle perdite quotidiane. Obama ha espresso solidarietà ai pescatori della Lousiana: «Vi aiuterò fino a quando non vi sarete completamente ripresi», ha promesso. Intanto però un terzo delle acque del Golfo, pari a 202mila chilometri quadrati, sono chiuse alla pesca. E i pescatori cambiano mestiere.

La vasta maggioranza, con le pale sulla spiaggia o a bordo delle piccole navi a manovrare le boe, sono afroamericani. Alcuni vengono da St. Bernard Parish, altri dalle sponde che si affacciano su George Isle o dalle piccole comunità nate dietro le paludi. La radice è comune: piccole case, grandi famiglie, vita povera. Quella di Wunstell, pescatore trasformato in spazzino è la stessa storia di George Jackson, 53 anni, e di mille altri che sulle coste della Louisiana formano questa nuova forza lavoro non ancora iscritta nelle statistiche del collocamento. Jackson racconta di essere stato un pescatore da sempre, «da quando ero un ragazzino, da quando avevo 12 anni». Racconta di aver subito risposto alle offerte di assunzione della Bp, che prometteva mari e monti, dopo essere stato costretto alla chiusura delle sue attività di pesca. E di aver avuto gli occhi umidi quando sopra la sua maglietta ha dovuto infilare la tuta di plastica.

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Tags Correlati: Barack Obama | Bp | Breton Sound Marina | British Petroleum | Darryl Willis | George Arnesen | George Isle | George Jackson | Inquinamento | John Wunstell | Stati Uniti d'America

 

Qualcuno riesce a scherzare: «Stiamo vedendo uno dei più efficaci esempi di trasformazione di forza lavoro», ci dice la signora Jane Breton Sound Marina, al numero 7.600 di Hospedale Highway nella località St. Bernard. Poi si fa seria: «Noi ancora non siamo stati colpiti ma i flussi della marea nera sono imprevedibili, a Venice, più a sud hanno problemi gravi... ormai di pescatori non se vedono più, sono spariti. Alcuni partivano da qui...».

George Arnesen è uno dei pochi che aveva rifiutato di gettare la spugna. Ostinato, deciso a continuare la sua vita, a difendere la sua tradizione e il suo “business di padroncino”, ha continuato a uscire al largo per gettare le reti per la pesca di gamberi. Poi anche lui ha rinunciato: una mattina di qualche giorno fa, quando si era messo al lavoro all'alba vicino a Grand Isle ha visto centinaia di pesci morti galleggiare sulla superficie dell'acqua. Un'acqua che ricorda come «scura, inquinata, pestilenziale». Ha buttato un secchio in mare e ha raccolto fanghi melmosi. Poco dopo si è sentito svenire: giramenti di testa, congestione, tosse. È riuscito a tornare a terra. Quando si rimetterà non gli resterà che entrare a far parte dell'esercito degli «spill workers».

Arnesen non è il solo. Jackson racconta che mentre stava lavorando ha visto una sostanza scura che galleggiava sull'acqua e i suoi occhi hanno iniziato a bruciare. Wunstell faceva parte di un equipaggio con il compito di bruciare il petrolio e sostiene che alcuni aerei della Bp abbiano rilasciato sostanze chimiche per disperdere il petrolio in acqua: «Ho cominciato a sentire male dappertutto - ha detto Wunstell - e ho temuto di essere gravemente malato». La nuova frontiera del disastro in Lousiana è dunque una vera e propria epidemia tossica.

Il fenomeno ha costretto la Guardia costiera a richiamare a terra 125 battelli dalla missione anti-inquinamento. Il sindacato dei pescatori di St. Bernard ha organizzato una protesta. E Wunstell è entrato a far parte di una class-action. Ma gli altri continuano a lavorare: l'unica fonte di reddito è ormai la ripulitura del disastro. Intanto il vice presidente del gigante petrolifero, Darryl Willis, ha indirettamente replicato a Barack Obama che venerdì aveva accusato la società di concentrarsi sui ricchi dividendi. Per Willis Bp pagherà tutti «i danni e le perdite, per tutto il tempo necessario».

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