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Questo articolo è stato pubblicato il 07 giugno 2010 alle ore 18:59.

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NEW DELHI – L'ultima volta che la possibile pubblicazione di un libro in India ha fatto tanto scalpore è stato nel 1988, quando Salman Rushdie diede alle stampe i suoi "Versetti satanici". In quella occasione il governo di New Delhi intervenne per mettere al bando il volume e disinnescare le possibili proteste della numerosa comunità musulmana del paese. Questa volta in ballo c'è molto meno, di fatto solo i malumori del Congress Party e del suo presidente Sonia Gandhi. Ma l'animosità con cui il principale partito di governo si sta opponendo alla pubblicazione de "Il sari rosso", la biografia romanzata della propria leader, non lascia ben sperare per l'uscita in tempi brevi del volume in India.

Dietro le resistenze incontrate dal libro c'è proprio la formula impiegata dall'autore, lo scrittore e giornalista spagnolo Javier Moro: un pastiche in cui si mischiano verità e finzione, personaggi storici e dialoghi inventati e in cui finiscono su carta, nero su bianco, anche i pensieri dei protagonisti, compresi quelli della futura leader del Congress davanti alla pira funebre del proprio marito. Uno stratagemma tanto comodo per l'autore (Sonia Gandhi non è esattamente un politico facile da avvicinare) quanto sgradito all'entourage della diretta interessata. «L'espressione ‘biografia romanzata' è un ossimoro», ha sostenuto pochi giorni fa in un'intervista con il Telegraph di Kolkata il portavoce del Congress Party Abishek Singhvi. «Non si può danneggiare la reputazione di una persona impiegando informazioni immaginarie».

A irritare il partito non ci sono solo le intrusioni con toni da romanzo rosa nei pensieri della propria leader («Sonia non riesce a credere che l'uomo della sua vita sia morto, che non sentirà più le sue carezze né il calore dei suoi baci»). Ma anche e soprattutto le ricostruzioni di Moro del periodo in cui Sonia avrebbe fatto pressioni sul proprio marito Rajiv perché lasciassero l'India e andassero a vivere in Italia dopo la sonora sconfitta elettorale rimediata da Indira Gandhi nel 1977. Un altro passaggio incriminato è quello in cui Sonia, dopo l'assassinio di Rajiv nel 1991 (a sette anni da quello di Indira), resiste alle pressioni della madre affinché lasci il paese e decide di restare a vivere a New Delhi, dove negli anni successivi raccoglierà l'eredità politica del marito e riporterà alla vittoria il Congress Party.

Il fatto che il ritratto della Gandhi che emerge dal volume sia «simpatetico ed elegiaco» (le parole sono dello stesso Moro) non è stato però sufficiente a far digerire il semplice fatto che siano stati toccati certi argomenti. Per comprendere quanto questi temi siano delicati per la leadership del partito bisogna tenere a mente la peculiarità della posizione di Sonia Gandhi nel panorama politico indiano: una straniera alla guida del primo partito del paese in rappresentanza della più potente e longeva dinastia politica del pianeta. Per quanto amata, la Gandhi continua a scontare l'handicap di essere nata fuori dall'India, ragion per cui, dopo aver sorprendentemente guidato il suo partito alla vittoria nel 2004, ha rifiutato l'incarico di primo ministro a favore di Manmohan Singh. Nonostante la sua saggia decisione di restare dietro le quinte, qualunque episodio pubblico che sottolinei la sua italianità è visto dal Congress come un possibile motivo di debolezza. E, a giudicare dal fatto che la stessa Gandhi si rivolge in inglese perfino ai politici italiani di passaggio in India, anche in questo la leader e il suo partito sono sulla stessa lunghezza d'onda.

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