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Befera: selettivi nella lotta all'evasione

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Questo articolo è stato pubblicato il 08 giugno 2010 alle ore 08:00.

«Non colpiamo nel mucchio ma in modo selettivo, creando un dialogo diretto con contribuenti e intermediari. L'obiettivo è cercare quelle risorse sottratte alle tasche dello stato per riportarle, in modo equilibrato, nelle casse dell'erario e restituirle alla collettività». Attilio Befera, direttore dell'agenzia delle Entrate, commenta così la ratio che è alla base delle misure di contrasto all'evasione contenute nella manovra correttiva da 24,9 miliardi di euro. Il fisco è chiamato a concorrere con 9,4 miliardi, l'80% dovrà arrivare dalla lotta all'evasione.

Obiettivo davvero realizzabile?
È una sfida difficile ma che è alla portata dell'amministrazione finanziaria. Una sfida che dobbiamo vincere. La lotta all'evasione va fatta guardando ai veri evasori e allo stesso tempo limitando i costi per il sistema Italia. Non solo. Nel medio periodo dal contrasto al nero e al sommerso dovranno arrivare benefici per i contribuenti onesti.

Come dire premiare chi le tasse le paga?
Il premio nel lungo periodo potrà essere la riduzione del prelievo fiscale e la semplificazione del sistema di tassazione. È un'operazione molto complessa, ma siamo di fronte a un momento di svolta anche psicologica. Da quanto si legge e dalle dichiarazioni rilasciate in questi giorni dalle associazioni di categoria sembra emergere un elemento nuovo: si sta prendendo coscienza che l'evasore fiscale non è più il furbo da imitare, ma è colui che pratica concorrenza sleale e arreca danno all'intera economia.

Ma stiamo parlando di un'evasione che secondo le ultime stime ha raggiunto i 120 miliardi di euro. Una cifra impressionante.
E contro questa ci muoviamo. Con la manovra abbiamo chiuso il cerchio. Con il decreto legge 112 del 2008 e con il decreto sullo scudo fiscale siamo partiti aggredendo l'evasione internazionale. Ci si è soffermati sullo scudo fiscale e sulle modalità di rientro, ma in pochi hanno guardato al giro di vite, sia con l'inversione dell'onere della prova per chi all'estero dispone di capitali e beni non dichiarati al fisco, sia in termini di repressione con il raddoppio delle sanzioni. Misure che già stanno dando i loro frutti.

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Con la manovra correttiva torniamo allora a guardare in casa nostra?
Continuiamo a guardare in casa nostra. Non abbiamo mai smesso. In Italia l'evasione per gran parte si annida nell'imposta sul valore aggiunto. Evasione che poi si trascina anche nella tassazione dei redditi. Per contrastarle useremo strumenti nuovi e quelli già esistenti, rivisti e corretti. Strumenti che possono mettere sotto controllo aree di evasione ma che allo stesso tempo possono e devono creare compliance.

Lotta selettiva all'evasione senza colpire nel mucchio: l'operazione appare tutt'altro che agevole. Su quali elementi si fonda il nuovo approccio?
Partiamo da un presupposto di fondo: non sempre tutti i comportamenti su cui indaghiamo costituiscono evasione. Oggi abbiamo gli strumenti tecnici e informatici che ci consentono di verificarlo prima di far partire i controlli presso i contribuenti. Ad esempio dobbiamo andare a vedere nel dettaglio quelle imprese che dichiarano perdite per più anni. Lo faremo, ma senza gravare su chi si trova in questa condizione e magari cerca di uscirne.

In che modo?
Focalizzeremo le nostre attenzioni su chi presenta evidenti indici di rischio: perdite reiterate sono in netta contraddizione con ogni logica imprenditoriale e depongono per un posizionamento fuori mercato che, se persiste, non giustifica in alcun modo la sopravvivenza dell'impresa. Stesso discorso vale per le cosiddette «imprese apri e chiudi». Nel mirino non finiranno giovani imprenditori che magari hanno sbagliato investimento o mercato. L'attenzione si concentrerà su "teste di legno" che consentono l'apertura di un'attività e la sua immediata cessazione magari soltanto per mettere in atto false fatturazioni o le più classiche delle frodi Iva come quelle carosello.

Identico approccio per il nuovo redditometro?
Ancora di più. Nessuno ha mai detto che possedere auto di lusso, fare una vacanza esclusiva o iscrivere i figli in scuole private con rette elevate sia sinonimo di evasione. Con il nuovo redditometro intendiamo confrontare la somma delle spese effettivamente sostenute con i redditi che il contribuente dichiara al fisco. Abbandoneremo i vecchi coefficienti per sostituirli con un sistema, su cui stiamo lavorando, che si fonda su un articolato insieme di elementi e che tiene conto del tenore di vita effettivo del contribuente.

I commercialisti hanno detto subito no a un nuovo studio di settore su base familiare.
Le spese che andremo a considerare saranno quelle realmente sostenute dal contribuente e saranno rispondenti ad esempio al territorio in cui il cittadino vive e sostiene questi oneri. La territorialità consentirà di "pesare" in giusta misura, ad esempio, i costi per una palestra a Milano o Roma, e quelli di una a Pescara o Palermo. Come detto, li confronteremo con il reddito che ci viene dichiarato. Se lo scostamento sarà rilevante il contribuente avrà comunque la possibilità di chiarire la sua posizione e in contradditorio definire la pretesa del fisco fino anche a farla abbandonare. In sostanza nessuno stato di polizia o di repressione, ma soltanto maggior dialogo con cittadini, imprenditori e intermediari.

Su riscossione, fatturazioni, pagamenti e compensazioni le nuove misure sembrano però mettere molta pressione.
Andiamo con ordine. La contestualità dei tempi di accertamento e riscossione porta benefici sia al fisco che al contribuente. La lentezza e le modalità oggi esistenti per la riscossione rappresentano un costo per il cittadino e spesso per il fisco portano alla perdita di beni su cui potersi rifare. Se poi esaminiamo attentamente la norma che limita la sospensione della riscossione per soli 150 giorni, ci accorgiamo che con questa misura anche il contenzioso tributario sarà costretto a rivedere i suoi meccanismi, oggi certamente troppo lunghi e che dilatano all'infinito i tempi delle liti tributarie. Con evidenti oneri per le parti in causa.

E la norma sulle compenzioni?
La norma da una parte blocca la possibilità di utilizzo del credito per chi è in debito con lo Stato, ma dall'altra consente anche al contribuente di saldare, con l'utilizzo dei propri crediti fiscali, i debiti erariali iscritti a ruolo.

Sulle soglie per pagamenti e operazioni Iva da comunicare al fisco?
Per i pagamenti in contanti sopra i 5.000 euro e ancora più con l'obbligo di comunicazione al fisco delle operazioni rilevanti ai fini Iva sopra i 3.000 euro, sono state individuate soglie, rispetto al passato, che non peseranno sulle transazioni di modesto valore. Non si tratta della reintroduzione dei vecchi elenchi clienti e fornitori che, riguardando la generalità delle operazioni, produceva rilevanti e spesso inutili costi per tutti i contribuenti. Si tratta invece di una comunicazione limitata soltanto alle transazioni più rilevanti.

Il fisco allora può dire la sua per ridurre gli oneri da burocrazia?
In pochi si sono accorti che in manovra è stata inserita una norma di carattere generale che mira proprio a ridurre i costi per contribuenti e imprese, trasferendo dalla carta alla tecnologia quanti più obblighi e adempimenti possibili. La norma semplicemente consente all'amministrazione di utilizzare la trasmissione telematica senza essere vincolata a specifiche disposizioni di legge. Se ci accorgiamo che una comunicazione potrà viaggiare on line adotteremo questa modalità direttamente in via amministrativa. Ovviamente saranno attentamente e preventivamente valutati fattibilità e costi dell'operazione.

E sul fronte delle liberalizzazioni e del rilancio dell'economia, da più parti indicati come il punto debole della manovra?
Vanno lette attentamente le norme del titolo terzo della manovra, relative alle reti di impresa e alla possibilità che viene concessa agli imprenditori Ue di entrare in Italia portando con loro il sistema fiscale o quello per loro ritenuto migliore all'interno dell'Unione europea. Per le reti di impresa sarà l'Agenzia ad individuare le condizioni per riconoscere le imprese come appartenenti ad una delle reti alle quali potranno essere riconosciute agevolazioni fiscali, amministrative e finanziarie.

Come si concilia la stretta sugli statali con l'obiettivo che la manovra affida al comparto fisco per recuperare nuove entrate?
Mi sembra che i sacrifici siano stati chiesti a tutti, indistintamente. Per questo sono convinto che alla fine prevarrà il senso di responsabilità.

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