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La crisi spaventa gli immigrati

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Questo articolo è stato pubblicato il 08 giugno 2010 alle ore 08:03.

AMSTERDAM - Lo sguardo obliquo di quella ragazza, teso e insofferente, non ti lascia andare avanti. Sotto, una scritta gialla canarino: «Per quanto tempo devo ancora rimanere a casa?». Firmato Nejet, 27 anni, disoccupata. È l'efficace cartellone pubblicitario di un sindacato, gli occhi neri sono di una giovane turca. Ma ciò che è più interessante è che siamo in Olanda, preoccupata come non mai dalla crisi economica. Di più: siamo a Slotervaart, uno dei quartieri della periferia di Amsterdam a più alta densità di immigrati. Quello, per capirci, dove è nato e cresciuto Mohammed Bouyeri, il marocchino che il 2 novembre 2004 fece ammutolire il paese. Aveva assassinato Theo van Gogh, il regista che denunciava gli abusi subiti dalle donne musulmane assieme alla deputata di origini somale Ayaan Hirsi Aly, fuggita negli Stati Uniti dopo le minacce di morte.

Il cocktail è micidiale quanto inevitabile: in Olanda il benessere di un tempo sta svanendo - la Grecia e lì a ricordare che non va sottovalutato alcun segnale, anche il più debole - e gli immigrati sono diventati improvvisamente ingombranti. Costosi, agli occhi di un certo elettorato. Ne viene fuori una lacerazione che nelle strade di Slotervaart si sente. In questa porzione di città che potrebbe essere ovunque tanto è anonima, se non fosse per qualche bandierina arancione in vista dell'inizio del mondiale e sprazzi di verde a interrompere il cemento, nessuno vuol parlare. Appena si pronuncia la parola "election" si chiude la porta, a volte non si riesce neanche a pronunciarla. È sufficiente che la gente capisca di avere a che fare con un giornalista per diventare sospettosa, se non ostile: i media sono visti come il fumo negli occhi. Colpevoli di dipingere gli immigrati quali delinquenti o comunque vagabondi destinati a essere un pericolo.

Finalmente nella Sierplein, la piazza che è il punto di aggregazione del quartiere, con l'immancabile centro commerciale e una brasserie quasi accogliente, una coppia di pakistani si lascia andare.
Lui, Wasim, ha 28 anni, lavora nella Security dell'aeroporto di Amsterdam; lei, Aiysha, il velo che lascia scoperto solo il viso truccato con cura, ne ha 27 ed è casalinga. «Non andremo a votare perché il nostro voto è inutile», dice con aria polemica e al tempo stesso sconsolata Wasim. «Qui la gente è contro i musulmani, li considera un peso. Noi cercheremo di andare in Inghilterra, un posto più aperto», continua quest'omone con le spalle larghe e una voce baritonale. Di Geert Wilders, il leader del Pvv che fa della guerra all'immigrato la sua bandiera elettorale, pensano ovviamente il peggio: "Sta creando un sacco di problemi alla nostra comunità con le sue uscite razziste, ma dubito che riuscirà ad affermarsi: è uno che parla molto e fa poco", commenta Aiysha, cupa.

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Se davvero Wilders, al quarto posto nei sondaggi con 18 seggi, dovesse entrare in una coalizione guidata dai liberali del Vvd (in testa con 36 seggi), sarà interessante capire come, sulla base di quale programma. Mark Rutte, il leader del Vvd e dunque possibile premier, non ha infatti escluso l'alleanza con il partito xenofobo. Che vuole imporre una tassa sul velo, bloccare definitivamente l'arrivo di stranieri dai paesi musulmani, bandire il Corano, vietare la costruzione di nuove moschee, chiudere le scuole islamiche e assumere altri 10mila poliziotti che restituiscano all'Olanda la sicurezza perduta.

«Non lo odio solo perché la mia religione non me lo consente», dice sprezzante Ferhan, turca, 31 anni. «È un poveraccio, io credo che vincerà la democrazia di questo paese». Anche lei con il capo coperto, vive qui da 17 anni, ci sta bene anche se il quartiere «non è caldo, ma in compenso è sicuro, e questa è la mia priorità». Ferhan non sa se domani sceglierà i laburisti del Pvda o i verdi: «Entrambi mostrano una maggiore sensibilità per i più deboli, quindi anche per gli immigrati».
Alle sei Slotervaart si svuota, i negozi chiudono, il grigio del cielo è tutt'uno con quello dei palazzi. Dall'autobus 18 che va verso il centro si vede qualche manifesto di Job Cohen, ex sindaco della capitale e ora leader del Pvda, con lo slogan "Ognuno conta". Due parole che sono state il perno della sua amministrazione ad Amsterdam e che gli hanno dato grande popolarità, non solo in quartieri come Slotervaart.

Nelle università i musulmani di seconda generazione lo votano sulla scorta dell'esempio dei genitori, ma con consapevolezza. Perché sono informati, seguono i dibattiti e hanno elaborato una loro opinione. Soumaja, 25 anni, studentessa di Medicina alla Uva University, un luminoso velo azzurro sul viso fresco, non ha dubbi: «Anche solo per contrastare il Vvd, così orientato al business e incurante dei temi sociali, io sono con Cohen».
«Non ha molta esperienza né carisma, lo si è visto nei duelli televisivi - osserva Zineb, 20 anni, iscritta a Scienze politiche - ma è aperto, intelligente ed equilibrato». Nessuna di loro dà troppa importanza a Wilders e alle sue ambizioni, non lo ritengono capace di arrivare a un accordo di coalizione: «Dovrebbe fare passi indietro e sconfessare molte delle sue dichiarazioni. L'Olanda è un paese democratico».
eliana.dicaro@ilsole24ore.com
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