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Come uscire dal circolo vizioso tra stati e banche

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Questo articolo è stato pubblicato il 09 giugno 2010 alle ore 08:04.

Uno degli elementi più preoccupanti della recente crisi europea è il circolo vizioso che si è instaurato fra lo stato di salute dei conti pubblici e quello delle banche, soprattutto nei paesi della periferia dell'area euro.
Non è un caso che in queste ultime settimane, in parallelo con la crisi del debito, che dalla Grecia si è allargata ad altri emittenti sovrani, si sia registrato un netto peggioramento degli spread bancari e le banche abbiano trovato difficoltà a finanziarsi sul mercato.

Deutsche Bank rileva che l'emissione di debito bancario in Europa è precipitata a maggio a 3 miliardi di dollari, il livello più basso dal dicembre 1989. L'andamento dei tassi interbancari e la semiparalisi delle scorse settimane hanno riportato drammaticamente a galla il panico post-Lehman nell'autunno 2008. Il che spiega il ricorso sempre più insistente alla liquidità della Bce e, in parte, che le banche, poco sicure di se stesse e del rischio di controparte degli altri istituti, abbiano riparcheggiato buona parte di tale liquidità presso la Bce.
I problemi dei paesi come debitori si sono riflessi sulle banche per due ragioni: con i mercati ancora dubbiosi sul fatto che le banche siano sufficientemente capitalizzate, le difficoltà di quello che si ritiene la fonte ultima di una possibile iniezione di capitale, cioè lo stato, hanno accentuato le perplessità sul futuro delle banche. Inoltre, il bisogno sempre maggiore degli stati di collocare titoli ha trovato nelle banche nazionali il destinatario principale.


Da Lehman in poi, la quota dei titoli di stato nell'attivo delle banche della periferia europea (Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo, Spagna) ha continuato a crescere: il che significa che il deterioramento del merito di credito dei debitori sovrani si riflette sulle istituzioni finanziarie. E infatti, a ogni declassamento del rating di un paese, è seguito invariabilmente quello di molte banche del paese stesso. È stato il caso, per esempio, della Spagna il mese scorso.
I paesi europei si sono mossi, per ora, per interrompere questo circolo vizioso soprattutto con manovre fiscali che rassicurino i mercati sulla sostenibilità del debito pubblico. Ci vorrà qualche tempo perché gli effetti si vedano nei numeri di bilancio. Nel frattempo, sarebbe utile fare chiarezza sui bilanci delle banche. Al recente G-20 di Busan, il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, ha sottolineato l'importanza degli stress test per le banche europee e citato l'esempio dei benefici tratti da quelle americane e dalle percezione che ne aveva il mercato quando i test sono stati compiuti negli Stati Uniti nel 2009.

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Tags Correlati: Bce | Italia | Mario Draghi | Rating

 

La parola chiave nelle dichiarazioni di Draghi è "trasparenza". A differenza di quello Usa, che pure venne criticato per essere a maglie troppo larghe, l'ultimo stress test europeo, nell'ottobre scorso, venne condotto senza chiarire al mercato quali erano le assunzioni di base, né l'effettiva situazione di ciascuno dei 22 istituti esaminati. Questo non può bastare per soddisfare i mercati, e per spezzare il loop negativo fra debito pubblico e banche: l'incertezza va rimossa.

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