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Questo articolo è stato pubblicato il 09 giugno 2010 alle ore 08:03.
ROMA - Parla di Finmeccanica il senatore Nicola Di Girolamo, in carcere a Rebibbia per riciclaggio e violazione della legge elettorale con aggravante mafiosa. L'interrogatorio nell'istituito di pena si è svolto lunedì, dalle 16 alle 21, presente il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, titolare dell'inchiesta su Fastweb-Telecom Sparkle, e i legali del senatore, Pierpaolo Dell'Anno e Carlo Taormina. Nella mattinata era stato ascoltato, invece, Marco Toseroni, manager, anche lui in carcere, assistito da Fabio De Priamo.
L'indagine su questo filone è delicatissima, visto che viene chiamata in causa una delle più grandi aziende d'Italia e tra le maggiori in Europa nel settore difesa e aerospaziale. Gli inquirenti - che non intendono confermare nulla delle indiscrezioni trapelate - devono accertare il viaggio dei 7,5 milioni giunti a San Marino dopo essere passati da Singapore. Soldi messi sul tavolo dal faccendiere Gennaro Mokbel, anche lui in carcere, per entrare in Digint, società di Finmeccanica che avrebbe acquisito contratti, secondo le stime iniziali, per un valore di circa 50 milioni. Mokbel però è impaziente, non vede il ritorno immediato sulle somme investite - ci sarebbero voluti almeno due anni e mezzo - e in aggiunta mette in piedi una presunta agenzia in Asia per la vendita dei prodotti di Finmeccanica. Progetto che però alla fine non vedrà la luce.
Il colloquio degli inquirenti con Di Girolamo prova a mettere a fuoco il percorso finanziario dei 7,5 milioni, che dall'Italia gira mezzo mondo fino a tornare nello stato del Titano. Cerca di comprendere meglio e di confermare anche la vicenda della agenzia di vendita in Asia.
Ma l'aspetto più scabroso e fragile, almeno per ora, sul piano investigativo, è quello del presunto coinvolgimento con le operazioni di Mokbel dei vertici di Finmeccanica. Di Girolamo avrebbe sostenuto che ne erano informati e consapevoli, a cominciare dal numero uno, Pier Francesco Guarguaglini. Replica un portavoce dell'azienda: «Il presidente e amministratore delegato Pier Francesco Guarguaglini non ha mai conosciuto né incontrato il signor Mokbel». E non è la prima volta che viene fatta questa affermazione. Gli inquirenti dovranno verificare una serie di altre particolarità. Come quella che vede Mokbel non appartenere mai all'elenco soci di Digint, ma solo di aver avuto un'opzione di acquisto del 51% delle azioni. E poi rimane il principale interrogativo: a chi sarebbero andati, alla fine, i 7,5 milioni?