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Questo articolo è stato pubblicato il 09 giugno 2010 alle ore 08:41.
L'ultima modifica è del 09 giugno 2010 alle ore 08:05.
I keynesiani classici sono al canto del cigno. Gli stimoli di bilancio globali patrocinati l'anno scorso da Obama sono al capolinea, ripudiati da quello stesso G-20 che l'anno precedente li aveva sottoscritti. Di fronte a una crisi del debito pubblico, è arrivato il momento di abbandonare le teorie di corto respiro e privilegiare quegli investimenti a lungo termine necessari per garantire una ripresa solida.
Gli stimoli keynesiani si basavano su premesse discutibili: si diceva che erano necessari per prevenire una depressione globale, che un'iniezione di spesa pubblica sul breve periodo avrebbe rilanciato l'economia, che i progetti "cantierabili" avrebbero soddisfatto sia le esigenze cicliche sul breve periodo sia le esigenze strutturali di lungo termine, e da ultimo che la rapida ascesa del debito pubblico determinata dagli stimoli non doveva essere guardata con timore. Il fatto che simili teorie abbiano trovato ampio consenso è la dimostrazione del persistente fascino politico esercitato dai tagli delle tasse e dall'innalzamento della spesa.
Una certa dose di spesa pubblica anticiclica è fondamentale dal punto di vista sociale. Ma misure di stimolo come sgravi temporanei delle tasse per le famiglie o programmi d'incentivi alle rottamazioni per le automobili non sono stati altro che deprimenti sprechi di tempo e denaro introdotti nella speranza che un ponte di spesa temporaneo avrebbe ripristinato una crescita trainata dai consumi e dal mercato immobiliare.
Al suo arrivo alla Casa Bianca, nel gennaio del 2009, il presidente Barack Obama si è trovato in eredità il disavanzo più ingente della storia americana in tempo di pace. Avendolo incrementato ulteriormente, ora è più suo che del suo predecessore.
Obama e i suoi consiglieri hanno ignorato una delle intuizioni fondamentali della macroeconomia moderna: gli effetti della politica di bilancio non dipendono soltanto dalle misure fiscali e di spesa correnti, ma anche dalle traiettorie future previste.
Ora ci troviamo con un'economia mondiale caratterizzata, negli Usa e in Europa, da una domanda complessiva debole, il deficit che s'ingrossa, il debito pubblico che si deteriora e i consumatori che non vogliono indebitarsi. I governi si sforzano di ripristinare la loro credibilità nei confronti dei mercati operando tagli draconiani della spesa pubblica. Anche questo è un approccio sbagliato. Bisogna evitare che al semplicistico piano di stimoli dell'anno scorso faccia seguito una semplicistica austerità. Ecco alcune linee guida possibili.