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Questo articolo è stato pubblicato il 10 giugno 2010 alle ore 08:02.
PARIGI - L'aula di tribunale come una sala di trading. Al secondo giorno dell'udienza contro Jérôme Kerviel si moltiplica il tecnicismo del dossier che deve fare luce sulla più grossa perdita mai causata a una banca da un singolo trader. Era inevitabile. Il presidente della Corte Dominique Pauthe vuole sapere quali erano le prerogative reali dell'imputato (trader, arbitraggista?), quali i limiti di esposizione dettati da tali prerogative, in che modo erano state superate e come mai nessuno, tra i superiori di Kerviel, se n'era accorto.
JK si è presentato con uno spirito ancora più combattivo del primo giorno. Sempre le braccia incrociate sul davanti, sempre con un vestito scuro e camicia bianca, ma stavolta senza cravatta. Secondo il regolamento di Société Générale, il limite massimo dei rischi che potevano essere presi quotidianamente dal trading desk Delta One, quello in cui lavorava Kerviel, era di 125 milioni di euro. L'imputato, rispondendo alle domande del giudice, ha più volte detto che era una prassi comune andare oltre questi confini: «Accadeva quasi ogni giorno», ha detto, lasciando intendere che non era il solo. E i meccanismi di allerta? Arrivavano mail di segnalazione, ha raccontato, ma «mai una rimostranza». Siamo sempre di fronte alla versione personale dell'ex trader, finora non confortata da alcuna prova, come ha fatto notare Pauthe: «È frequente nelle sue deposizioni ascoltare la frase: dovevano sapere».
Kerviel ha ammesso che la presa di posizioni speculative non rientrava nel suo mandato, aggiungendo però che erano i suoi superiori a chiederglielo «perché così avrei fatto guadagnare dei soldi alla banca». Prima del suo interrogatorio era stato sentito un testimone, Jean-François Lepetit, ex presidente della Consob francese, che ha spiegato i meccanismi di funziomento di una sala di trading. Lepetit, commentando il libro di Kerviel ha descritto l'ex trader «come un sonnambulo che vaga in un poligono durante un'esercitazione di tiro». Qualcuno, insomma, che non aveva consapevolezza della gravità dei rischi presi: «Il rischio calcolato è la materia prima delle sale di contrattazione», ha detto l'ex guardiano di Borsa. Interrogato sulla pertinenza dell'operazione con la quale SocGen aveva chiuso le posizioni da 50 miliardi aperte da Kerviel senza autorizzazione, Lepetit ha risposto: «Non solo era la cosa giusta da fare, ma era anche l'unica».