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Questo articolo è stato pubblicato il 11 giugno 2010 alle ore 19:59.
«Un governo meno paternalista avrebbe usato un altro tatto istituzionale con l'Ungheria nella querelle sulla doppia cittadinanza». Grigorij Mesežnikov è analista politico e presidente dell'Ivo, l'Institute for Public Affairs di Bratislava, gruppo di esperti che dal 1997 monitora il livello di democrazia nel paese. Il suo ufficio nel centro della capitale slovacca è zeppo di copie degli annuali Global Report on State Society: l'ultimo numero, quello riferito al 2009, ha scatenato la dura reazione del premier Robert Fico, che non perde occasione di attaccare pubblicamente l'Istituto.
Fico non ha gradito sentir dire che la situazione democratica del paese è peggiorata.
Dopo i risultati elettorali del 2006, lo Smer invitò nella coalizione di governo il partito del popolo (Hzds) di Vladimir Meciar e quello nazionalista slovacco (Sns) del razzista Jan Slota. Avvertimmo che sarebbero sorti problemi nelle relazioni con le minoranze del paese: quel che puntualmente è avvenuto. Lo Smer è un partito paternalista: ufficialmente si chiama socialdemocratico, ma i temi di genere, l'approccio con le etnie minori, l'agenda ambientale, non sono quelli di una politica di sinistra e non seguono principi democratici.
Il premier vi accusa di essere un centro di propaganda vicino all'opposizione di centro-destra.
Siamo un istituto indipendente e politicamente libero, ma il governo ci considera oppositori per le critiche che esprimiamo e tenta di sminuire la nostra credibilità. Sabato scorso durante un dibattito radiofonico con Iveta Radicova (candidata del Sdku, primo partito d'opposizione, ndr), lamentandosi di un nostro sondaggio, Fico ci ha definiti un gruppo di persone che ama il governo come le capre amano i coltelli. Paragone singolare.
Come spiega il consenso di cui gode il partito di Fico?
Ci sono diverse ragioni. Fico ha ereditato un paese in buona forma e non ha dovuto adottare alcuna misura di austerità. Ha stabilito un controllo sui mezzi di comunicazione, in particolare la tv di stato. Ha sbandierato un welfare forte, che nasconde in realtà una politica sociale populista, orientata solo verso le fasce di popolazione che gli portano voti: ogni Natale, ad esempio, regala 60 euro ai pensionati. E infine alla sua sinistra ha fatto terra bruciata, annullando ogni partito alternativo allo Smer.