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La delocalizzazione Renault fa i conti con Parigi

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Questo articolo è stato pubblicato il 12 giugno 2010 alle ore 08:02.

«Ha mai visto un costruttore che ha trasferito una produzione da un impianto dell'est europeo?». Sergio Marchionne ha messo ieri il dito nella piaga (si veda anche l'articolo qui a fianco). La ri-localizzazione, ovvero il ritorno in Europa (o più in generale, in un paese avanzato) di una produzione che era stata spostata in paesi dove i costi (soprattutto quello del lavoro) sono più bassi, è un caso raro. Secondo il manager italo-canadese della Fiat, praticamente unico.
Una vicenda interessante, e in molti aspetti simile a quella del Lingotto, riguarda la Renault. La casa francese è, tra i costruttori europei, uno di quelli con la più bassa quota di produzione nazionale: nel 2009 dalle fabbriche francesi della casa di Billancourt sono uscite meno di mezzo milione di vetture sugli oltre due milioni prodotti a livello mondiale; per la precisione 482mila auto (compreso il Kangoo), ovvero meno delle 505mila Renault vendute in Francia nello stesso periodo. «Renault non è più una casa automobilistica francese» ha sintetizzato qualche giorno fa Carlos Ghosn, presidente dell'azienda, in un'intervista al «Financial Times».
Anche Oltralpe però, come da noi, la scoperta che il costruttore nazionale produce in patria meno auto di quante ne vende è stata oggetto di forti polemiche – tanto più accese in quanto Renault è ancora parzialmente controllata dallo Stato: la società è quotata in Borsa, ma Parigi resta maggiore azionista con una quota pari al 15,1% ed esercita un'influenza determinante sul management.
Le discussioni sulla strategia di delocalizzazione di Renault vanno avanti, in Francia, almeno da quando nel 2007 la produzione della Twingo fu spostata in Slovenia; e si sono fatte roventi proprio all'inizio di quest'anno quando è circolata l'indiscrezione secondo cui la prossima versione della Clio – un altro dei modelli di punta di Renault – sarebbe stata prodotta in Turchia e non più in Francia. La soluzione sarà probabilmente di compromesso (come quella attuale) e vedrà la produzione divisa tra i due paesi. Convocato all'Eliseo dal presidente Sarkozy, Carlos Ghosn, presidente della Renault, si è dovuto impegnare formalmente: «In futuro produrremo in Francia almeno tante Clio quante ne venderemo». «Non finanziamo certo i nostri costruttori per lasciare che spostino la produzione all'estero» aveva tuonato Sarkozy qualche giorno prima in Parlamento. Nel 2009, in piena crisi finanziaria, Parigi aveva concesso a Renault (così come alla rivale francese Psa Peugeot) un prestito da 3 miliardi di euro legandolo proprio al mantenimento dell'occupazione in Francia.

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Tags Correlati: Borsa Valori | Carlos Ghosn | Eliseo | Europa | Fiat | Nissan | Opel | Partecipazioni societarie | Psa Peugeot | Renault | Sarkozy | Sergio Marchionne | Turchia

 

Ghosn però continua a sottolineare che il paese «deve recuperare competitività», sottolineando come la Francia abbia negli ultimi anni perso terreno anche nei confronti della Germania. Più che sulle condizioni di flessibilità e sulle relazioni industriali – come nel caso di Pomigliano – il dibattito transalpino si è incentrato sui costi di produzione, in particolare il peso di tasse e contributi.
Il peso di entrambi i tipi di costo addizionale è tanto maggiore quanto minore è il prezzo di vendita dell'auto. La maggior parte dei costruttori europei ha trasferito la produzione di vetture piccole: la delocalizzazione di Twingo (e quella parziale di Clio) fa il paio con quelle di 500 e Panda (almeno finora) per Fiat e con quella delle piccole Citroen e Peugeot nella Repubblica Ceca. Purtroppo, proprio mentre delocalizzavano le piccole, sia la Fiat che i francesi hanno perso competitività nei segmenti medio-alti della gamma, dominati dalle case tedesche. Il risultato è che sono proprio le fabbriche nazionali – Pomigliano per la Fiat, Sandouville per la Renault – a soffrire maggiormente del calo delle vendite del 2008/2009.
Il caso di Sandouville, dalla quale escono attualmente Laguna ed Espace, è esemplare. Da tempo a ritmo ridotto per le difficoltà dei modelli citati, l'anno scorso lo stabilimento ha sfornato 63mila vetture. La soluzione potrebbe essere in stile Pomigliano: dal 2013 – ha confermato l'azienda – produrrà un veicolo commerciale, il Trafic. A farne le spese dovrebbe essere la fabbrica inglese di Luton. Secondo la stampa francese, Renault sta anche cercando (sempre sotto l'occhio vigile del governo) di convincere l'alleata Nissan e la Opel – che a loro volta producono veicoli commerciali a Luton – a spostare a loro volta la produzione. L'influenza dell'azionista non è estranea neppure alla decisione di Ghosn di puntare pesantemente, insieme all'alleata Nissan, sull'auto elettrica; anche in Francia, dove investirà 600 milioni per produrre batterie a Flins. Sarà forse questa scommessa – se avrà successo – a salvare i posti di lavoro francesi di Renault.
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