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Basilea 3 ad alto impatto in Europa

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Questo articolo è stato pubblicato il 13 giugno 2010 alle ore 14:02.


Che alla prova della crisi finanziaria il sistema bancario italiano si sia in fin dei conti dimostrato più solido rispetto a quello di molti altri paesi europei è convinzione piuttosto comune. Non c'è da stupirsi quindi se alcune delle caratteristiche peculiari che ne hanno propiziato la miglior tenuta nella fase di tensione più acuta potranno anche alleviare in parte il conto, pur sempre salato, che gli istituti di credito dovranno versare per far fronte all'ennesima rivoluzione nel campo delle regole che porta il nome di Basilea 3.
Una ricerca presentata questa settimana dalla società di consulenza Oliver Wyman alla Markets & Investment Banking Conference 2010 organizzata dall'Abi a Milano conferma l'impressione. Anche se le stime ricavate da dati di bilancio e studi societari hanno necessariamente il carattere della provvisorietà, visto che il valore di molti parametri è ancora soggetto a rinegoziazione, da esse si può ugualmente ricavare un ordine di idee abbastanza preciso di quale sia l'ammontare di capitale addizionale necessario per ristabilire gli attuali livelli di core Tier 1 sotto la normativa futura.
Il vantaggio relativo
L'impatto a livello di sistema bancario italiano, sostiene Oliver Wyman, si aggirerebbe sui 20-25 miliardi di euro o, se si preferisce, un ammontare che oscilla fra l'1,3% e l'1,6% del Pil nominale 2009. Il valore è in linea con quanto stimato un paio di settimane fa da Prometeia (23 miliardi), ma la buona notizia è che il calcolo preliminare potrebbe rivelarsi prudente fino all'eccesso. Il risultato sulle banche italiane risulta infatti prevalentemente legato agli effetti derivanti dagli interessi di minoranza, che in Italia riguardano soprattutto partecipazioni legate al business commerciale e che dunque potrebbero non venire dedotte interamente dal capitale e dalle deduzioni sugli accantonamenti per i rischi su crediti (lo 0,30% del valore dei crediti risultanti a bilancio per il fisco italiano, regime che appare particolarmente penalizzante nel contesto europeo). «Se questi parametri verranno ricalibrati al ribasso – osserva Claudio Torcellan, partner di Oliver Wyman e autore della ricerca – l'effetto di Basilea 3 sul sistema bancario italiano potrebbe ridursi a soli 6-10 miliardi».

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Ma è il confronto con il resto d'Europa a farsi ancora più interessante: l'esborso che dovranno affrontare le banche di casa nostra è più o meno paragonabile a quello degli istituti di credito spagnoli, solo che in quest'ultimo caso i 20-25 miliardi rappresentano una fetta maggiore (1,9%-2,4%) della ricchezza nazionale. Ben più elevati sono i costi a cui si andrà incontro in Germania (30-50 miliardi, l'1,2-2,1% del Pil) e soprattutto in Gran Bretagna e Francia, dove l'ammontare potrà sfiorare e forse anche superare i 100 miliardi di euro, oltre il 5% del Pil.
Tra i motivi dell'impatto relativamente più limitato di Basilea nei confronti delle banche italiane figurano senz'altro elementi strutturali, come l'utilizzo più limitato della leva finanziaria (il rapporto total asset/equity è circa il 13%, mentre in Francia e Gran Bretagna si aggira attorno al 20-25% e in Germania raggiunge addirittura il 40%) e l'elevata liquidità dell'intero sistema.
Ma c'è anche un fattore tecnico: Basilea 3 richiederà una migliore qualità del capitale, che sarà formato da più azioni e meno titoli ibridi. E sotto questo aspetto l'Italia è già a buon punto, visto che il valore degli strumenti ibridi di capitale esistenti è pari a circa 10 miliardi e quindi molto limitato.
Rischi e opportunità
Viste le premesse, per le nostre banche esiste lo spazio per indirizzare a proprio vantaggio la svolta di Basilea 3, guadagnando spazio sullo scacchiere internazionale a vantaggio degli istituti di paesi che usciranno più penalizzati dalla riforma. «La speranza – osserva Torcellan – è che si possano cogliere opportunità di riposizionamento strategico, conquistando posizioni di rilievo a livello europeo nel settore retail, così come nel corporate & investment banking nel momento in cui molti competitor saranno costretti per effetto di Basilea 3 a operare dismissioni o a ridurre l'utilizzo della leva».
Ma ogni medaglia ha evidentemente anche il suo rovescio. La nuova normativa prevede infatti anche requisiti di liquidità più stringenti che comporteranno, secondo Oliver Wyman, un aumento del fabbisogno a livello europeo stimabile sino a mille miliardi.
«Vista l'enorme base di depositi e di risparmio del sistema bancario – avverte Torcellan – l'Italia corre seriamente il rischio di diventare terra di conquista da parte di concorrenti stranieri alla ricerca di riequilibrare il loro profilo di liquidità». Da predatore a preda, spesso, il passo è breve.
m.cellino@ilsole24ore.com
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L'onere per gli istituti di credito del Vecchio continente
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BASILE 3
Il sistema di regole
Il Comitato per la supervisione bancaria di Basilea sta calibrando le nuove regole per la gestione delle attività a rischio del sistema bancario, note come "Basilea III" che dovre entrare in vigore a partire dal 2012.
L'obiettivo
Queste nuove regole dovranno integrare o sostituire sia la versione del 1988 (Basilea I) sia la versione Basilea II entrata in vigore nel 2008. Le regole di Basilea III si articoleranno su tre punti: garanzia di liquidità a breve, trasformazione delle scadenze e requisiti di capitale.
Le critiche
Uno studio dell'Institute International Finance (l'Iif, che riunisce circa 400 istituzioni finanziarie private) stima che l'applicazione di Basilea III possa determinare un impatto negativo sulla crescita dello 0,5% l'anno per 5 anni sugli Usa e poco del doppio sull'Europa. E questo proprio a causa della restrizione del credito causata dall'aumento dei costi per le banche prodotto dall'applicazione delle nuove regole.
Qualche timore poi arriva dal fatto che qualche paese – per non frenare la ripresa economica – possa applicare le nuove regole in modo graduale, con un rischio di frammentazione dell'intero sistema di regole internazionali.
La posizione dell'Abi
Il direttore generale dell'Abi, Giovanni Sabatini, invita alla prudenza. «È necessaria – dice – un'attenta analisi dell'impatto dei nuovi standard non soltanto sulla stabilità degli intermediari ma anche sulle ricadute sul sistema economico in generale».
Resistenze
Nonostante le buone intenzioni in molto lanciano l'allarme. L'Iif stima che le banche europee, americane e giapponesi saranno costrette nei prossimi 5 anni a un'enorme raccolta di capitale: entro il 2015, quasi 700 miliardi di dollari di capitale ordinario (20-25 solo per il sistema bancario italiano).

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