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Sotto l'Afghanistan metalli preziosi per 850 miliardi

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Questo articolo è stato pubblicato il 15 giugno 2010 alle ore 08:03.


Il governo degli Stati Uniti ha messo il cartellino del prezzo sui depositi minerari che si trovano sulle montagne dell'Afghanistan. Mille miliardi di dollari (850 miliardi di euro). Una cifra enorme, soprattutto per un paese che decenni di guerre hanno impoverito al punto da ridurre il prodotto interno lordo ad appena 12 miliardi di dollari (di cui il 90% frutto di aiuti internazionali) e la cui economia si regge quasi esclusivamente sulla coltivazione di oppio. A stimare le ricchezze del sottosuolo afghano è stato un team di geologi americani coordinati dal Pentagono, che ha integrato e rielaborato i risultati di una serie di indagini condotte a più riprese nel passato, le prime delle quali vennero realizzate negli anni 80, ad opera delle truppe di occupazione sovietiche.
I risultati, anticipati dal New York Times, sono entusiasmanti. Secondo stime di Citigroup solo altri quattro paesi possiedono riserve minerarie non energetiche di un valore paragonabile: il Sudafrica, la Russia, l'Australia e il Canada. L'Afghanistan, secondo i geologi Usa, è particolarmente ricco di rame e minerale di ferro, tanto da poter aspirare a diventare un giorno uno tra i maggiori produttori del mondo. Non solo. Nel suo territorio vi sono anche significativi depositi di oro, cobalto, terre rare come il niobio (apprezzato per le sue qualità di superconduttore) e tanto, tantissimo litio: un metallo sempre più ricercato, perché utilizzato nelle batterie di computer e cellulari, nei motori delle auto elettriche e nelle turbine eoliche. L'Afghanistan, scrivono gli esperti del Pentagono, potrebbe rivelarsi «l'Arabia Saudita del litio», grazie a risorse superiori a quelle della Bolivia, finora al primo posto in classifica con 5,4 milioni di tonnellate stimate. «Qui c'è un potenziale sbalorditivo. Ci sono un sacco di "se", è ovvio, ma credo che si tratti di un fatto estremamente significativo», ha commentato il generale David H. Petreus, comandante delle forze statunitensi in Afghanistan. La prudenza del generale Petreus è d'obbligo, oltre che ampiamente condivisa dagli analisti. L'Afghanistan è ben lontano dall'assomigliare a un Eldorado: se mai il paese riuscirà a trasformarsi in una potenza mineraria, questo avverrà tra molti anni e al costo di enormi investimenti. Nel frattempo, il miraggio delle ricchezze nascoste nel sottosuolo potrebbe addirittura esacerbare il clima di violenza nel paese.

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Tags Correlati: Asia | China Metallurgical Group | Citigroup | David H. Petreus | Imprese

 

La presenza in Afghanistan di metalli, minerali e anche idrocarburi (rilevati nel nord del paese da una ricerca condotta nel 2004 dallo Us Geological Survey) non è una sorpresa. Finora però soltanto i cinesi hanno avuto abbastanza coraggio – o fame di risorse – per investire in attività estrattive nel paese. Tre anni fa un consorzio guidato dal China Metallurgical Group si è aggiudicato i diritti di sfruttamento della miniera di rame di Aynak, a una trentina di chilometri da Kabul. Nonostante la forte instabilità dell'area, l'investimento da 4,4 miliardi di dollari procede secondo i piani e conta di entrare in attività già nel 2011, producendo a regime almeno 200mila tonnellate l'anno di metallo. Imprese cinesi e indiane hanno espresso interesse anche per Hajigak, un deposito di minerale di ferro di ottima qualità, con riserve stimate di 1,8 miliardi di tonnellate, che il governo di Kabul vanta come il più ricco dell'Asia, tra quelli ancora da sviluppare. La licenza doveva essere assegnata lo scorso febbraio, ma la gara è stata poi rinviata a data da definirsi. I grandi gruppi minerari e petroliferi internazionali dall'Afghanistan, almeno per il momento, si tengono lontani. A spaventare non sono soltanto la guerra, il rischio di attentati, la posizione geografica (ai confini ci sono altri paesi instabili, come l'Iran e il Pakistan). L'Afghanistan è anche uno dei paesi più corrotti del mondo (nel settembre scorso è stato arrestato anche il ministro delle Miniere, per una presunta tangente da 30 milioni di dollari presa proprio in relazione alla miniera di Aynak). Infine, è quasi del tutto privo di infrastrutture, con un'unica linea ferroviaria, che attraversa il paese da nord a sud.
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