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Questo articolo è stato pubblicato il 16 giugno 2010 alle ore 10:55.
Niente programma di protezione per Gaspare Spatuzza, il collaboratore di giustizia che ha fatto rivelazioni, tra l'altro, sulle stragi di Falcone e Borsellino e nel processo Dell'Utri. A decidere la non ammissione è stata la speciale Commissione centrale del Viminale per i programmi di protezione, presieduta dal sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano.
Gaspare Spatuzza ha cominciato a collaborare con la magistratura il 26 giugno del 2008. Poi ha reso altre dichiarazioni dal 16 giugno 2009 e quindi, nel giudizio contro Marcello Dell'Utri, il 4 dicembre del 2009. Le sue sembrano, dunque, «dichiarazioni a rate». Nel prendere la sua decisione, la Commissione ha sottolineato di aver applicato quanto prevede la legge di riforma n. 45/2001 sui collaboratori di giustizia. Secondo quanto rileva la Commissione nella motivazione di rigetto dell'ammissione al programma per Spatuzza, non vi è infatti «alcun elemento che autorizzi a ritenere che di quanto riferito nel dibattimento contro Dell'Utri Spatuzza avesse già parlato nei 180 giorni previsti dalla legge».
«La fissazione dei 180 giorni quale termine ultimo per riferire fatti gravi, o comunque indimenticabili, è funzionale, secondo l'unanime volontà del Parlamento nel 2001 - è detto nella motivazione - a garantire tale genuinità e a evitare abusi, viceversa realizzabili se, come è accaduto in più casi, fossero ammesse le cosiddette "dichiarazioni a rate"».
«L'obbligo di lealtà e di correttezza del collaboratore nei confronti dello Stato, dal quale egli aspira a ricevere un trattamento premiale, deve tradursi nella genuinità delle dichiarazioni».
«E' una decisione che non riesco a capire. Faremo ricorso al Tar», ha commentato l'avvocato Valeria Maffei, legale di Gaspare Spatuzza. «Spatuzza - aggiunge il legale - si è autoaccusato di due stragi, Capaci e via D'Amelio, per le quali non era nemmeno indagato. Ha rivelato particolari inediti, che hanno consentito di individuare altre piste. Non capisco questa decisione: lui ha spiegato perchè non ha parlato nei 180 giorni. Aveva paura, e mi sembra un motivo credibile, data la caratura dei personaggi (Berlusconi e Dell'Utri, ndr) che stava chiamando in causa».