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Questo articolo è stato pubblicato il 16 giugno 2010 alle ore 08:01.
ROMA. La linea dei governatori non cambia: la manovra è «irricevibile» e «incostituzionale», e rischia di compromettere l'attuazione del federalismo fiscale. Occorre un'inversione di rotta, ricalibrando i sacrifici sui diversi livelli di governo. Una posizione ribadita sia in una conferenza stampa tenuta ieri a Roma, sia per iscritto, in un documento votato «all'unanimità» (inclusi i rappresentanti di lega e Pdl). Il tutto mentre parte con una riunione serale al Senato il confronto tra governo e maggioranza sugli emendamenti, con il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti che ribadisce: correzioni mirate a saldi immutati anche per «i vincoli europei».
Scelta obbligata, dunque. Si prospetta una sorta di «cabina di regia» a palazzo Chigi cui spetterà di valutare le proposte da accogliere a saldi invariati. Un nuovo summit potrebbe esserci la prossima settimana. Per il presidente dei governatori Vasco Errani, la manovra «carica sulle spalle delle regioni circa il 40% dei tagli alla pubblica amministrazione». «Non è equa» perché l'entità del taglio ai trasferimenti (10 miliardi nel prossimo biennio) e non tiene conto del contributo che le regioni hanno dato alla riduzione del debito pubblico. «Tra il 2007 e il 2009 le regioni hanno ridotto il loro contributo del 6% mentre lo stato l'ha aumentato del 10%».
L'altra preoccupazione riguarda il federalismo. «Su 4,9 miliardi di trasferimenti alle regioni per le competenze delle leggi Bassanini la manovra ne taglia 4,3 – ha evidenziato Errani – con tutte le ricadute che potete immaginare in termini di servizi per cittadini e imprese». La conseguenza ulteriore è che «si riducono i margini per l'applicazione del federalismo fiscale». Concetti rilanciati da Roberto Formigoni: «Questa manovra uccide il bambino nella culla», ha detto il governatore lombardo, e contiene «oltre al danno anche la beffa: ci tolgono le risorse per esercitare le funzioni, ma non l'obbligo di offrire i servizi, con un rischio di incostituzionalità».
Di più i governatori non dicono. Non svelano come risponderanno all'eventuale "sordità" dell'esecutivo, né spiegano la strategia che seguiranno quando esamineranno entro fine mese la relazione del Tesoro sui costi del federalismo e i decreti attuativi su costi standard e autonomia impositiva degli enti locali (cui Errani vorrebbe venisse aggiunto il dlgs sulla finanza regionale).