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Questo articolo è stato pubblicato il 16 giugno 2010 alle ore 08:11.
L'ultima modifica è del 16 giugno 2010 alle ore 08:11.
La rivolta delle regioni contro i tagli della manovra finanziaria sta provocando un effetto singolare: il Partito Democratico sembra aver individuato in Roberto Formigoni, il presidente della Lombardia ed esponente storico del centrodestra, un convincente punto di riferimento. Quasi un leader.
Paradossi a parte, la situazione non va sottovalutata. Nella morta gora della politica italiana, dove si parla più che altro di intercettazioni e dove il Pd non riesce quasi mai a essere protagonista, è di assoluto rilievo la notizia di un asse tra Errani (sinistra, Emilia Romagna) e appunto Formigoni. Un asse che si è espresso nelle parole inequivocabili del governatore lombardo, secondo cui le misure economiche del governo Berlusconi sono «contro la Costituzione».
Si capisce che dopo questa iniziativa trasversale la manovra dovrà essere in buona parte rivista, s'intende senza modificarne i saldi finali. Quello che l'opposizione parlamentare, da sola, non avrebbe mai avuto la forza di ottenere, lo produrrà l'attacco delle regioni. E quel che conta non è tanto l'alleanza destra-sinistra in sé, quanto il fatto che la leadership di tale alleanza sia stata assunta da due regioni «virtuose» per eccellenza, quali la Lombardia e l'Emilia Romagna. Sul piano amministrativo due fiori all'occhiello dei rispettivi schieramenti. Del resto, Errani è stato appena confermato alla guida della Conferenza Stato-Regioni, un organismo cruciale (e non è cosa da poco dopo il risultato delle elezioni regionali, vinte dal centrodestra).
Come è logico, non è Formigoni a essersi spostato a sinistra. Sono le regioni nel loro complesso, e in particolare le regioni trainanti, a far valere il loro peso specifico e la loro autonomia. Saltano tutti gli steccati politici e viene posto sul tavolo il problema di fondo. Il federalismo fiscale – ecco il messaggio condiviso da Formigoni ed Errani – non può realizzarsi attraverso un'ingiustizia, cioè sottraendo risorse preziose a chi meglio ha amministrato.
La denuncia dei governatori allude a quel «sacco del Nord» di cui ha parlato di recente Luca Ricolfi in un libro di successo. Un testo non a caso molto apprezzato dai leghisti. Solo che stavolta proprio la Lega è in qualche difficoltà. Ha due neo-governatori di primo piano, Zaia e Cota, ma si trova a dover fronteggiare un'offensiva guidata da Formigoni, mentre loro, gli esponenti del Carroccio, devono coprire le spalle al ministro dell'Economia.