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Questo articolo è stato pubblicato il 16 giugno 2010 alle ore 14:29.
Infuriano le polemiche sulla mancata ammissione al programma di protezione del pentito ex boss di mafia Gaspare Spatuzza. Lo ha deciso la Commissione centrale del Viminale per la definizione e applicazione delle misure speciali di protezione. Il motivo: Spatuzza ha cominciato a collaborare con la magistratura il 26 giugno del 2008. Poi ha reso altre dichiarazioni dal 16 giugno 2009 e quindi, nel giudizio contro Marcello Dell'Utri, il 4 dicembre del 2009. Le sue sembrano, dunque, al Viminale, «dichiarazioni a rate». La proposta era stata avanzata dalle procure di Firenze, Caltanissetta e Palermo che indagano sulle stragi di via D'Amelio e del '93.
In realtà, ha precisato il sottosegretario Alfredo Mantovano in un'intervista al Corriere della sera «la commissione ha deciso che Spatuzza rimane comunque sottoposto alle ordinarie misure di protezione ritenute adeguate al livello specifico di rischio segnalato». In ogni caso, per Mantovano «la commissione ha applicato alla lettera la legge sui pentiti, non c'è stata interpretazione, solo constatazione dei fatti. Resta il fatto - aggiunge l'esponente del Pdl - che lo Stato non può mettere il suo timbro - è questo che prescrive la legge - sulla lealtà e l'affidabilità di chi si muove a fare rivelazioni a così lunga distanza di tempo dal momento in cui ha deciso di collaborare».
Prima nei verbali, poi anche in aula, Spatuzza, ha ricostruito, dal suo punto di vista, tanti filoni investigativi: dalle relazioni tra mafia e politica alle verità nascoste sulle stragi del 1992 e sulle bombe del 1993. Dalle sue rivelazioni, che hanno toccato anche Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri quale «referente» di Cosa nostra, sono scaturite una serie di nuovi spunti su un tema generale riconducibile al cosiddetto «patto» tra Stato e mafia. Se ne occupano, sotto profili distinti, le tre Procure che avevano chiesto di ammettere il collaboratore, fedelissimo dei boss Giuseppe e Filippo Graviano, al programma di protezione: Firenze, Palermo e Caltanissetta.
La decisione del Viminale che nega l'inserimento di Spatuzza nel programma di protezione «non mi convince», ha detto al Gr1 Rai il procuratore capo di Caltanisetta, Sergio Lari. «Le dichiarazioni a cui si riferisce la commissione - ha osservato Lari - erano già state valutate sia dalla mia procura sia da quelle di Palermo e Firenze oltre che dalla procura nazionale antimafia come una specificazione di anticipazioni che lo Spatuzza aveva fatto nel limite dei 180 giorni. In ogni caso occorre considerare che il parere della commissione è un parere di natura amministrativa che non intacca l'attendibilità di Spatuzza. Dichiarazioni - ha continuato Lari - che consentono di riscrivere una delle pagine più inquietanti della storia d'Italia, mi riferisco alla strage di via D'Amelio».