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Questo articolo è stato pubblicato il 17 giugno 2010 alle ore 08:57.
L'ultima modifica è del 17 giugno 2010 alle ore 08:58.
Che tempi straordinari. Solo poco più di un anno fa il G-20 sanzionò all'unanimità la necessità di espandere le politiche fiscali per far ripartire l'economia mondiale, e i mercati salutarono con un'esplosione in borsa. Ancora pochi giorni fa, politici e commentatori europei facevano omaggio formale alla necessità di rigore fiscale nei paesi sud-europei, ma non perdevano occasione per ribadire anche la necessità di mantenere politiche fiscali di sostegno alla domanda nel resto d'Europa, e certamente in Germania. Il G-20 coreano ha annunciato che la priorità ora è il consolidamento fiscale, costi quel che costi; perfino per Dominique Strauss-Kahn, capo di quel Fmi che è stato finora il più convinto sostenitore di politiche espansive alla domanda e della «crescita prima di tutto», il consolidamento va fatto anche se dovesse avere effetti negativi sulla crescita. Incredibilmente, sembra siano rimasti solo gli Stati Uniti a credere in una politica fiscale espansiva; tanto da farci assistere allo spettacolo di un segretario al Tesoro americano che scrive una lettera agli altri membri del G-20 per convincerli a non desistere. Pochi giorni dopo il principale destinatario, la Germania, ha fatto esattamente l'opposto.
Cosa è successo in questo breve lasso di tempo? Semplicemente, i governi europei non hanno più potuto ignorare la pressione dei mercati finanziari. I mercati sono e saranno sempre ambigui sulle politiche fiscali. Da un lato una politica fiscale espansiva sostiene la domanda aggregata, e quindi favorisce la borsa aumentando le prospettive di crescita e i profitti attesi. Questo ai mercati piace. Ma dall'altro un aumento dei disavanzi implica un aumento dell'offerta di titoli pubblici e quindi un aumento dei loro rendimenti, causando uno spiazzamento degli investimenti privati, e in prospettiva una diminuzione della crescita e dei profitti.
Questo ai mercati non piace. Quale interpretazione prevalga nei mercati dipende in parte dalla posizione ciclica. Nel marzo 2009 l'economia e il sistema bancario sembravano in caduta libera, e Usa e Fmi si fecero portatori di una strategia di overwhelming force fiscale.