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Finanza e Mercati In primo piano

Debito privato sotto la lente Ue, la spunta l'Italia

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Questo articolo è stato pubblicato il 18 giugno 2010 alle ore 08:01.

Questa volta l'Italia ce l'ha fatta: ha puntato i piedi sul criterio da usare per "pesare" il tasso di indebitamento globale di un paese, arrivando a minacciare anche l'uso del suo diritto di veto. Ha giocato in squadra con la Francia di Nicolas Sarkozy e con il Belgio alla ricerca di un nuovo governo ma ipersensibile sulla questione. E ha chiuso il vertice di Bruxelles con un risultato brillante.

A provarlo non c'è soltanto la frase che nel comunicato finale della riunione afferma che «nella sorveglianza delle politiche di bilancio verrà dato un ruolo molto più prominente ai livelli, all'evoluzione e alla sostenibilità complessiva del debito, come originariamente previsto dal patto di stabilità e crescita». Ci sono anche le parole pronunciate in conferenza stampa da Herman Van Rompuy, il presidente stabile del Consiglio europeo, che ha puntualizzato: «Il concetto di sostenibilità complessiva copre numerosi parametri, incluso quello del debito privato». Come chiedeva l'Italia.

Il criterio blindato nel Trattato di Maastricht resta quello del debito pubblico. A meno di una modifica del trattato, che non è esclusa ma richiederebbe un processo lungo e rischioso con annessa ratifica, sarà dunque sempre il debito pubblico, con la soglia invalicabile del 60% del Pil (contro il 118% nazionale), il parametro di riferimento fondamentale. Finora sostanzialmente inapplicato ma che invece ora, alla luce delle crisi a catena che stressano l'euro, si vuole valorizzare nell'ambito di una riforma più rigorosa del patto di stabilità. Che, salvo sorprese, si farà però limitandosi ad agire sulla legislazione secondaria di applicazione (che non prevede processi di ratifica).

Nell'ambito di quest'ultima si stabilisce dunque che, pur restando il debito pubblico e la sua insufficiente riduzione, la scintilla che farà scattare l'allarme della Commissione e dell'Eurogruppo, il giudizio sulle conseguenze, cioè l'avvio della procedura anti-debito eccessivo e, soprattutto, le sanzioni che seguirebbero in caso di mancato rispetto degli impegni assunti, dipenderanno dal parametro allargato della sostenibilità. Dunque non più solo debito pubblico ma anche debito e risparmio privati, debito estero e interno, debiti impliciti come la sostenibilità o meno dei sistemi pensione. O del settore finanziario.

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Tags Correlati: Bruxelles | Consiglio Europeo | David Cameron | Francia | Herman Van Rompuy | Inghilterrà | Investimenti delle imprese | Italia | Josè Barroso | Nicolas Sarkozy | Stati Membri

 

A imporre il ricorso al criterio aggregato, più che i desiderata di Italia, Francia, Belgio e alcuni altri, è stata l'evoluzione del giudizio dei mercati. Altrimenti non si capirebbe come mai un paese come la Spagna, il cui debito pubblico viaggia sul 64,9%, appena sopra la soglia di Maastricht, sia nel mirino degli attacchi speculativi invece dell'Italia che detiene il 118 per cento. La verità è che, se si prende il parametro allargato, l'indebitamento spagnolo schizza fin quasi al 360% del Pil contro il 318,6 della Francia, il 316 dell'Italia e il 283 della... Germania.

Quello raggiunto ieri è un accordo politico che ora andrà tradotto in una proposta formale della Commissione Ue. Il suo presidente Josè Barroso l'ha annunciata per il 30 giugno, in vista della conclusione dei negoziati sulla riforma del patto e sulla nuova governance che non arriverà, nella migliore delle ipotesi, prima dell'ottobre prossimo. Nel pacchetto di Bruxelles compariranno anche le misure per garantire il maggior coordinamento delle politiche di bilancio nazionali attraverso un loro esame preventivo a livello europeo. Idea che continua a non piacere soprattutto all'Inghilterrà di David Cameron che ieri ha ripetuto: «Mai trasferiremo a Bruxelles i poteri di Westminster». Problema che comunque per ora non si pone.

Ci saranno anche le pagelle sull'evoluzione della competitività e degli squilibri dei singoli stati membri proprio per evitare in futuro le carenze di governance economica e i divari eccessivi dentro l'area euro.

I leader dell'Unione ieri hanno approvato anche la cosiddetta strategia Eu2020, una nuova tabella di marcia di impegni e riforme per garantire più investimenti in ricerca, innovazione e formazione, più crescita "verde" e più occupazione con tanto di obiettivi cifrati da raggiungere. Infine il vertice ha formalizzato il via libera all'ingresso dell'Estonia nell'euro dal 1° gennaio prossimo e autorizzato l'avvio dei negoziati di adesione dell'Islanda all'Unione europea.

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