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Caorso addio. La centrale ripulita dall'uranio

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 giugno 2010 alle ore 18:55.

Caorso addio, la centrale nucleare più famosa d'Italia muore e forse – come la fenice della mitologia – rinasce. Oggi, domenica 20 giugno, la centrale che era dell'Enel e che ora è della Sogin (la società pubblica dello smantellamento del nucleare) ha chiuso in via definitiva la sua storia. Con due convogli di camion speciali e di forze di sicurezza, la centrale è stata vuotata dalle ultime barre di uranio usato.

La turbina da 860 megawatt era già stata smontata anni fa e affettata per farne acciaio. Un gruppo di imprese sta smontando tubazioni e cablaggi, dividendo rame, ottone e acciaio secondo il grado di radioattività.

Restava un ultimo pezzo, le ultime barre di uranio ad alta radioattività che dormivano dell'86 nelle piscine nucleari dentro alla centrale, conferendo all'acqua in cui erano immerse lo spettacolare color celeste dell'effetto Cerenkov dato dai raggi gamma.
L'operazione si è svolta in gran segreto. Tonnellate di uranio ad alta attività a spasso per il mondo non sono una cosa da far sapere in giro. Unico segnale, ieri sono apparsi sulla strada dalla centrale in riva al Po fino al centro di Caorso, e poi lungo via della Stazione, dei cartelli che vietano la sosta. Segnale ormai ben conosciuto agli abitanti di Caorso: «Hanno messo i cartelli, allora parte l'ultimo carico».

Alle 9,30 il primo convoglio di tre camion rossi della Fagioli, sulle spalle i contenitori verdi corazzati, ha percorso i 3,7 chilometri di percorso dall'argine del Po attraverso i campi coltivati a granturco, in mezzo al paese di Caorso fino alla stazione. Davanti e dietro ai tre camion speciali ci sono i carri dei pompieri in allestimento radioprotezione, polizia, artificieri, anche i cani poliziotto; i vigili e la protezione civile comunale chiudono ogni strada al passaggio del corteo; le macchine degli abitanti ferme in coda a seguire il passaggio di lampeggianti blu.

Arrivati alla stazione, presidiatissima da tutti i lati, i camion speciali sono entrati nel piazzale riservato alla centrale atomica, dove da giorni aspetta il treno bianco, blindato con protezioni contro la radioattività e contro i colpi di mano di attentatori alla ricerca della "bomba sporca".

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Tags Correlati: A2A | Enel | Enrico Fermi | Francia | Giuliano Zuccoli | Italia | Misure di sicurezza | Sogin |

 

Un carroponte giallo ha estratto i "cask" pieni di uranio e altri elementi pericolosi e li ha calati nei vagoni bianchi. Alle 13,30 la carovana si è ripetuta dalla centrale alla stazione.
Il treno è partito per la Francia nel pomeriggio, sotto scorta, ogni ponte vigilato da un'auto della polizia o dei carabinieri. Segreto l'itinerario, ma è nota la meta: l'usine nucléaire dell'Areva sulla penisola del nez de Jobourg, a La Hague, in Normandia, dove sarà trattato il materiale di Caorso.

La centrale Enrico Fermi (ma chiamata comunemente dai piacentini con il nome di Arturo) fu costruita dal '70 alla primavera del '78 con tecnologia General Electric adottata dall'Ansaldo. Cominciò la produzione commerciale il 1° dicembre dell'81 e lavorò per cinque anni – fino all'86 – producendo in tutto 29 miliardi di chilowattora. Poco. Oggi un normale reattore di nuova concezione ha il doppio della potenza. La centrale aveva bisogno di investimenti ed era ferma quando arrivò il referendum antinucleare del novembre '87. Nel '90 fu dichiarata ufficialmente chiusa. Si stima che lo smantellamento costi, tutto compreso, 450 milioni.
La storia della centrale è finita qui? Non è detto. Il programma nucleare del governo sembra spingere l'Enel e la francese EdF verso un riutilizzo della centrale. E Caorso fa gola anche a Giuliano Zuccoli, al vertice della milanese A2A interessata al raggruppamento nucleare alternativo promosso da GdF Suez con Eon.

Si può riutilizzare? Solamente in parte. Le parti comuni a bassa tecnologia (elettrodotti che portano la corrente verso i mercati, le prese d'acqua di raffreddamento dal Po, le palazzine e le rimesse) hanno bisogno di una semplice risistemata. La vecchia parte ad alta tecnologia ormai è di un'altra epoca: costa meno costruire da zero. A fianco delo vecchio reattore "Arturo".

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