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O Pomigliano o Domenech

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 giugno 2010 alle ore 15:00.
L'ultima modifica è del 20 giugno 2010 alle ore 08:00.

Dalla Coppa del Mondo in Sudafrica i cronisti e i tifosi più esperti traggono una morale già precisa, c'è livellamento del gioco e delle squadre. La Germania perde con la Serbia, la Spagna con la Svizzera, la Slovenia pareggia con gli Usa, dieci volte più popolati, l'Inghilterra pareggia con l'Algeria, la Francia è scherzata dal Messico, gli azzurri campioni del mondo se la vedono brutta con il Paraguay, (e forza oggi con la Nuova Zelanda).

La spiegazione è semplice, giocatori giramondo che ovunque imparano, allenatori con esperienza globale, gli stessi schemi praticati in Europa, Asia. Africa e America, davvero come dice la rivista Time il calcio è "the global game", il gioco globale. La prima pagina del New York Times, che un tempo relegava il "soccer" a una colonna, apre denunciando il furto di un gol per la nazionale Usa come fosse la Gazzetta. L'austero Financial Times argomenta: «Chiunque giocherà contro la favorita Spagna copierà l'imbuto che Mourinho aveva ideato per l'Inter contro il Barcellona». Standard unici per tutti, gioco globale nel mondo globale: World class football.

Il mondo, nel suo passatempo preferito, ha elaborato uno schema di produzione del gioco omogeneo, tv e coach diffondono lo stesso linguaggio e se vuoi stare al passo non puoi fare altrimenti. World class football come World class management, il vero punto di disputa a Pomigliano d'Arco, ex Alfasud.

Si possono produrre automobili nel 2010 a sud di Roma secondo lo stile in cui si devono produrre nel mondo, o dobbiamo mantenere un inetto "caso italiano", catenaccio tardivo dove si fa finta di vivere nel 1970, tempi di Italia-Germania 4-3?

Se l'accordo di Pomigliano violasse davvero la Costituzione, i diritti di ogni cittadino e degli operai, come la Fiom ripete, basterebbe una sfida in tribunale e l'Alta Corte lo farebbe decadere: e noi saremmo i primi a denunciarlo su questo giornale, perché sul territorio della Repubblica nessuna legge - o accordo privato - può eludere la Carta costituzionale. La sostanza è però un'altra, illudersi di sfuggire al World class manufacturing, al rigore con cui il mondo produce oggi, significa decidere di non giocare come gli altri e restare quindi a bordo campo. Non esiste un "modo italiano di fare le auto", come fossero risotto o pizza. O le facciamo come gli altri nel mondo globale o non ne produrremo più neppure una. Servono serietà e responsabilità davanti alla realtà, ma in Italia sono per ora merce rarissima.

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Tags Correlati: Alta Corte | Campania | CGIL | Francia (squadra) | Guido Viale | Italia (squadra) | Messico (squadra) | Nuova Zelanda (squadra) | Sport | Uil |

 

Da noi si può scrivere, come l'ex leader studentesco Guido Viale, che solo se si «è in malafede o dementi» si può dar credito all'accordo Fiat. Col che Viale dà del venduto o scemo a Cisl, Uil e quasi tutta la Cgil, ai lavoratori di Pomigliano, ai leader riformisti della sinistra: tutti venduti o idioti. La proposta alternativa? Produrre per l'energia verde, lodevole programma in verità, ma che non serve adesso in Campania a niente, se non chiacchierare dal barbiere. Bruno Manghi, a lungo coscienza progettuale della Cisl, ironizza: «È un'idea larvatamente autoritaria, "farò io il vostro bene"». Il risvolto, altrettanto autoritario purtroppo, è che chi dissente non ha un diverso parere, non «è in malafede o demente», venduto a Marchionne per danaro o idiozia.

Purtroppo c'è una sottoclasse intellettuale che in Italia non imparerà mai a discutere con civile onestà, a destra come a sinistra, è il vecchio provincialismo di Strapaese che non viene candeggiato dalla modernità informata. Con serietà e responsabilità serve dire che la posta in gioco a Pomigliano è: può il Sud italiano giocare con il World class manufacturing, nella Coppa del mondo del lavoro, senza assenteismo, clientele, performance scadenti, ritardi, familismo amorale, raccomandazioni? Dai manager agli operai, tutti. Altrimenti - lo dico con amarezza - il Sud sarà eliminato dalla competizione per il lavoro e i Grilli Parlanti dell'utopia ripeteranno il loro Cri cri senza costrutto.

Servirebbe una robusta iniezione di buon senso, medicina così rara in Italia. Sul New York Times il premio Nobel Paul Krugman (anche lui demente? anche lui in malafede?) scrive con chiarezza «Di colpo creare lavoro è fuori moda, i sacrifici son di moda». Krugman critica il vento del rigore che spazza l'Occidente, dagli Usa all'Europa, preoccupato che senza lavoro e consumi l'economia non si rilanci. È l'equazione impossibile del nostro tempo, su cui le menti migliori, dai leader agli studiosi, stanno lambiccandosi: come far quadrare il rigore necessario nei conti dopo generazioni di debito facile con un esercito di operai, precari, impiegati, piccole e medie aziende boccheggianti che cercano occupazione e produzione. E in questo quadro vogliamo dire no alla sfida di Pomigliano?

Basterebbe il buon senso, anziché scongelare utopie stantie e insulti. Ma se il senso della misura latita all'opposizione non è certo in abbondanza nel governo. In questa crisi globale, vi aspettereste premier e ministri curvi sulla materia, intenti a creare un clima dove il dialogo e la trattativa siano incoraggiati e uomini e donne di buona volontà e raziocinio chiamati a raccolta perché l'Italia non finisca esclusa nel World class management, la Coppa mondiale di lavoro e benessere. Macché: il parlamento si deve occupare di intercettazioni. Era chiaro dal primo giorno che una legge forzata senza cura per indagini e stampa avrebbe inutilmente avvelenato il clima, spargendo rancore. C'era un testo Mastella già rodato, c'erano proposte dell'onorevole Bongiorno, ma s'è preferita la prova di forza, perdendo tempo, dissipando energie, distraendo dai temi concreti. La Corte suprema americana si sta occupando del caso di un poliziotto che si difende contro l'ingerenza dello stato: se il telefonino è pagato dalla pubblica amministrazione il sergente Quon ha diritto alla privacy, perfino di mandare qualche sms un po' spinto? Il giudice Kennedy, a nome della Corte, dice di no, si è liberi di parlare al telefono e mandare sms, ma se lo stato paga la bolletta ha diritto di sapere cosa si dice. Chi vuole privacy paghi da sé.

Ha torto o ragione la Corte suprema? Certo ha scelto una sentenza restrittiva della privacy (limitata però alla pubblica amministrazione), ma non è né demente né in malafede, ha deciso secondo coscienza e buon senso. Come dovrebbe accadere da noi, da Pomigliano alle intercettazioni, lasciando prevalere il senso comune su interessi privati e fisse ideologiche, di destra e sinistra. Per occuparci dei temi che decideranno il futuro della prossima generazione, rigore e lavoro. Portando l'Italia al World class manufacturing standard senza il quale, proprio come con il World class football in Sudafrica, saremo eliminati senza pietà. Chiedete a Pomigliano, chiedete a Capello e Domenech.
gianni.riotta@ilsole24ore.com
twitter @riotta

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